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    Cesarea e il sionismo sostenibile

    Tra le dune di sabbia e le onde del Mediterraneo, Cesarea è una località unica. E non solo per la bellezza mozzafiato e l’imponenza dei resti di uno dei più grandi porti dell’antichità. Il sogno del re Erode, la Cesarea Marittima prodigio d’ingegneria e capolavoro di tecnica costruttiva, si è evoluto nel progetto visionario dei baroni Rothschild. La moderna Cesarea attrae delegazioni da tutto il mondo che vengono a studiare il suo modello di città smart e sostenibile, e sembra aver trovato l’equilibrio perfetto tra profitto e filantropia, grazie alla gestione da parte di un’organizzazione privata, la Caesarea Development Corporation. Cesarea è l’unica località di Israele governata da un amministratore delegato invece che da un sindaco. Comunità residenziale e industriale tra le più esclusive di Israele, più che cittadini i residenti sono più propriamente azionisti. 

    Le terre intorno a Cesarea, come molte altre proprietà immobiliari in Israele, furono acquistate dai Rothschild molto prima dell’indipendenza dello stato. Con la nascita di Israele, la famiglia ne trasferì la maggior parte al nuovo stato. Ma per Cesarea, il barone Edmond James aveva altri progetti. Sulle quelle dune di sabbia pose le fondamenta, insieme con il governo israeliano, per una città giardino, con lussuose ville residenziali accanto ad aree industriali con un impatto ambientale sostenibile. L’accordo a lungo termine tra la famiglia Rothschild e lo stato, una fondazione cointestata e condivisa al 50% tra le due realtà, ha come fine ultimo il finanziamento di sforzi filantropici per un’influenza positiva diffusa su Israele e sull’istruzione, le arti, la cultura e il benessere di tutta la popolazione. La Caesarea Development Corporation, fondata nel 1952 insieme con la città di Cesarea, è il braccio operativo della Rothschild Caesarea Foundation, a cui trasferisce tutti i profitti dallo sviluppo del progetto immobiliare. 

    «Se ci pensi, già sviluppare una comunità e portare la popolazione fuori dal centro congestionato di Tel Aviv, aiuta la sostenibilità». Nella cabina di regia della Smart City, il sindaco-amministratore delegato Michael Krasenti osserva i monitor dove arrivano le immagini delle telecamere di sicurezza, puntate sull’accesso ai vari “cluster”, cioè gli isolati della città, sul business park che ospita 230 aziende, sulla spiaggia dell’acquedotto romano, sul parco archeologico e sul Golf Club, l’unico campo a 18 buche di Israele. «La CDC svolge i servizi municipali (alcuni in collaborazione con il comune di Hof HaCarmel), commercializza i terreni per lo sviluppo immobiliare, gestisce il parco industriale e il country club. Tutti i profitti – spiega il manager della città – circolano all’interno e sono spesi dalla Fondazione per finanziare progetti educativi. Non c’è un altro gruppo filantropico in Israele che raggiunga la metà del valore delle nostre donazioni».

    Nonostante tra gli azionisti di Cesarea ci siano magnati della finanza e politici di primissimo piano – il premier Benjamin Netanyahu e sua moglie Sara vivono in una villa tra le dune – «cerchiamo di non lasciarci influenzare dalla politica», specifica Krasenti. «La nostra filosofia – spiega – si basa sul motto: non ti chiediamo di aiutarci, ma di non intralciarci».

    La strategia si basa sulla separazione tra affari e filantropia, su una visione a lungo termine, sul mantenimento di standard elevatissimi, sul focus geografico nell’area della Grande Cesarea (vale a dire con ricadute sulle località vicine, da Or Akiva al villaggio arabo sul mare Jisr az-Zarqa) e sulla forte spinta verso tecnologie, sia alte sia basse, che siano smart e green. Come? «Con soluzioni concrete. Dalle piste ciclabili alle corsie pilota per la ricarica elettrica del trasporto pubblico e gratuito, l’enfasi è sullo spostare persone, non mezzi. E per reintrodurre le api da miele: abbiamo sparso alveari in tutta l’area».

    Cesarea può essere fiera del suo passato. Ma soprattutto del suo futuro.

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