È arrivata
martedì in Turchia la squadra di soccorso israeliana. Dopo oltre 5 ore di viaggio all’interno del Paese ha raggiunto l’area che le autorità turche le hanno assegnato.
Si tratta
di una delegazione umanitaria composta da circa 150 donne e uomini dell'Israel
Defence Forces (IDF) e dei Ministeri israeliani degli Affari Esteri e della
Difesa. L'operazione è stata emblematicamente nominata "Rami d'Ulivo"
e mira a fornire supporto medico e umanitario alla popolazione colpita dal
sisma. L’impostazione della missione è stata illustrata in una conferenza stampa
internazionale.
«In
Turchia al momento vi sono grandi problemi relativi alle infrastrutture. In
questa fase sono necessari sistemi di purificazione dell’acqua, poiché dopo il
terremoto molte risorse d’acqua sono state contaminate. Servono anche generatori
elettrici, medicinali, equipaggiamento medico. Due ospedali in questa regione
sono stati completamente distrutti. Servono anche tende, coperte, cappotti, per
aiutare le persone a proteggersi di dal freddo» ha spiegato Irit Lillian, ambasciatrice di Israele in Turchia.
Oltre alla
squadra di soccorso, l’intervento israeliano in Turchia prevede la costruzione
di un ospedale da campo e aiuti umanitari. L’ospedale da campo israeliano
potrebbe essere operativo già giovedì o venerdì. «Sarà probabilmente il primo
ad essere operativo» secondo Lillian.
Da quando
è arrivata in Turchia la squadra di soccorso ha salvato 5 persone. «Se non si è
qui, non si può capire veramente la vastità della tragedia. Cammino in
quartieri dove metà degli edifici sono completamente distrutti. I sopravvissuti
circondano le macerie cercando di sentire la voce di qualcuno» ha raccontato David
Saranga, Direttore dell'Ufficio di Diplomazia Digitale e già Ambasciatore
d'Israele in Romania, nonché tra coloro che dirigono l’operazione. «Sono arrivato
con la squadra da 36 ore e mi sembra di stare qui da settimane. È un’attività
molto intensa».
Anche due
membri della comunità ebraica turca sono ancora dispersi sotto le macerie e si
teme per la loro vita.
Saranga, indossando un giubbotto catarifrangente del ministero degli Affari
Esteri israeliano, ha descritto le immagini drammatiche che i soccorritori
israeliani si sono trovati di fronte. «Siamo arrivati di notte. Per le strade
non c’era elettricità. Era molto buio se non fosse stato per un edificio che
stava andando a fuoco. Si intravedevano anche dei piccoli fuochi accesi dalle
persone del quartiere per riscaldarsi» ha spiegato Saranga.
Per motivi
di sicurezza il diplomatico non ha potuto parlare della posizione precisa in
cui si trova la squadra israeliana, un’area comunque molto fredda e ventosa che
raggiunge una temperatura massima di 0 gradi celsius di giorno e -4 di notte.
La squadra
ha lavorato su due edifici adiacenti, ciascuno con 47 appartamenti distribuiti
su 7 piani. Le autorità turche ritenevano che lì ci potessero essere
sopravvissuti sotto le macerie. «Quando si trova un sopravvissuto, lo si
individua e localizza, si parla con la
famiglia per avere una descrizione precisa dell’appartamento per sapere dove
scavare con esattezza» spiega Saranga. Dopo 8 ore è stato salvato un bambino di
12 anni; successivamente una donna di 20 anni estratta da un edificio vicino.
Intorno agli edifici si affollano sopravvissuti avvolti in coperte che sperano
di sentire le voci dei propri cari.
La
delegazione israeliana è pronta a rimanere tutto il tempo necessario, anche 2-3
settimane, sebbene, secondo il comandante in carica, in base alla propria esperienza, dopo un periodo di 3-5
giorni massimo non c’è bisogno di ulteriore permanenza.
Sarah Tagliacozzo