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    La festa di Purim: tra mascheramento e nascondimento

    Purim è il giorno ebraico che ricorda e celebra la salvezza
    dalla persecuzione antisemita condotta da Aman l’amalecita, come descritta nel
    libro biblico di Esther. Si festeggia, oltre che con la lettura della Meghillà
    e lo scambio di doni e l’offerta di cibo al prossimo, con un pasto luculliano
    bevendo vino fino ad ubriacarsi, e indossando una maschera che nasconde la
    propria identità visiva. In entrambe le tradizioni viene celato il proprio
    essere, a sé e agli altri. Altrettanto nascondimento lo troviamo del nome di Hashem
    ( il Creatore) nella Meghillà di Esther: non appare mai il suo Nome scritto nel
    libro; sebbene, come sottolineano i commentatori, agisca dietro le quinte, come
    Assoluto regista della storia. Un occultamento testuale ed apparente che
    è effetto dell’allontanamento del popolo ebraico dall’osservanza dei precetti
    ai tempi della regina Esther. Nella Torah troviamo l’antenato di Aman,
    Amalek, nel passo biblico dell’Esodo, successivo a quando gli ebrei si chiedono
    “Hashem è in mezzo a noi o no? “( Esodo 17,7). Mettere in dubbio la
    presenza Divina produce due effetti quando il popolo ebraico si troverà secoli
    più tardi Aman l’amalecita: l’eclisse testuale di Hashem e la maschera e
    l’ubriacatura dell’ebreo. E la consapevolezza di queste due condizioni diviene fattore
    propedeutico per il riallineamento con la propria identità e l’osservanza religiosa.

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