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    La laurea ritrovata di Giorgio Arany. La storia di un giovane ebreo che si laureò a Padova durante le leggi razziali

    Un giovane studente ebreo espulso dall’università a causa delle leggi razziali. Una storia come tante. E come per tanti altri ciò che si sapeva sino ad oggi di Giorgio Arany, ebreo di origine ungherese, studente di ingegneria all’Università di Padova, poi ucciso ad Auschwitz, era che non si fosse mai laureato. Ma non fu così. Infatti adesso due studiosi, Luca Marinello e Silvia Michelotto, riportano alla luce, scavando negli archivi dell’Università, documenti inediti su Giorgio, e la sua Laurea. Una ricerca iniziata con un post su Instagram. “Una scoperta storica ma anche umana della vicenda di un nostro coetaneo” raccontano gli studiosi a Shalom, che li ha intervistati.

     

    Come è nato il desiderio di fare una ricerca su Giorgio Arany?

    Il desiderio è nato dalla creazione della pagina Instagram dell’Archivio dell’Università di Padova (@Archive_Unipd) e dalla volontà di pubblicare un post per la Giornata della Memoria. La nostra idea era quella di dare un volto ai nomi a cui sono dedicate le sei Pietre d’Inciampo posizionate di fronte a Palazzo Bo, sede storica dell’ateneo patavino. Avendo la possibilità di accedere direttamente all’Archivio dell’Università di Padova, abbiamo iniziato a studiare i fascicoli personali dei titolari delle pietre. Durante lo studio del fascicolo di Giorgio sono emersi alcuni documenti inediti, che hanno permesso di ricostruirne il prosieguo degli studi fino alla laurea. Incoraggiati dai nostri colleghi e da Giulia Simone, professoressa di storia contemporanea dell’Università di Padova, abbiamo iniziato questo viaggio nella vita di Giorgio.

     

    In cosa consiste la scoperta?

    La scoperta materiale consiste nel ritrovamento di documenti che, per varie ragioni, non era stato possibile portare alla luce precedentemente. Infatti, ciò che fino ad oggi si sapeva di Giorgio era che si trattava di un giovane ebreo ungherese trasferitosi in Italia con la madre, il quale si era iscritto al biennio propedeutico di Ingegneria a Padova nel 1937; aveva superato il primo ed il secondo anno, ma nulla si sapeva di lui dal 1939 al 1944, quando venne arrestato dai tedeschi, portato nel carcere di San Sabba e infine deportato ad Auschwitz, dove venne assassinato in data ignota. L’inedita documentazione ci consente di ricostruire per intero la carriera scolastica di Giorgio Arany, fino al conseguimento della Laurea in Ingegneria Industriale Elettrotecnica e dell’Abilitazione alla professione, conseguita a Bologna. Inoltre, da alcune lettere successive alla laurea e dirette all’Università di Padova, ci è dato conoscere anche l’azienda in cui aveva trovato lavoro. Ma oltre a questa scoperta, che potremmo definire storico-tecnica, c’è poi la scoperta umana, la ricostruzione della vita di Giorgio Arany, l’incontro con un nostro coetaneo che scopriamo avere una personalità spiccata e brillante e che in un drammatico periodo storico è riuscito a completare i suoi studi e abilitarsi alla professione di Ingegnere Industriale Elettrotecnico. Crediamo che se ne debba parlare al presente, perché lui è vivo dentro di noi e ci dà una grande lezione di vita.

     

    (Archivio Generale di Ateneo, Fascicoli di studente, Ingegneria, Arany Giorgio, matr. 101/7 (1937). Su concessione dell’Università degli Studi di Padova – Ufficio Gestione documentale”)


    Come ci siete arrivati?

    La ricerca si è sviluppata seguendo due aspetti fondamentali: da un lato quello storico e storico-universitario, che ci ha permesso di capire e ricostruire il contesto storico, la specifica legislazione di quel periodo, il clima e le posizioni dell’Università patavina e – per quanto possibile – il contesto sociale in cui Giorgio era immerso. Il secondo aspetto è invece quello che riguarda nello specifico la persona – il singolo – Giorgio Arany, dapprima studente poi ingegnere, le sue vicissitudini, il suo carattere: il desiderio è stato quello, si potrebbe dire, di fare la conoscenza della sua persona, con la speranza di poterla far rivivere dentro ciascuno di noi.

     

    Cosa sappiamo ad oggi della storia di Arany?

    Purtroppo ancora troppo poco: si consideri che l’arco temporale della nostra ricostruzione copre solo gli ultimi tre anni di studio, ma poco si sa della sua vita prima e dopo l’Università. Sappiamo che era nato in Ungheria e che si era poi trasferito in Italia con la madre, Caterina. Siamo riusciti a trovare informazioni riguardanti una sua conversione al cristianesimo in adolescenza e un secondo matrimonio della madre con un ufficiale italiano nel 1938. Dalle lettere abbiamo avuto l’impressione che fosse un ragazzo dal carattere forte e deciso, tanto da raggiungere i suoi obiettivi in un clima sociale di avversità per noi inimmaginabile. Riguardo la sua vita post-accademica sappiamo, grazie alla carta intestata su cui scrive, che aveva trovato impiego a Belluno e che, poco prima della cattura, si era ricongiunto alla madre a Trieste, dove questa viveva con il marito. Giorgio e Caterina saranno entrambi arrestati a Trieste, a due mesi di distanza l’uno dall’altra.

     

    Come è riuscito a laurearsi Arany viste le leggi razziali?

    Giorgio riesce a laurearsi grazie a una proroga delle leggi razziali del novembre 1938, la quale prevedeva che gli studenti ebrei, italiani e stranieri (ma non tedeschi), iscritti agli anni accademici precedenti al 1938-39 potessero continuare gli studi. Ciò permise a Giorgio di concludere i suoi studi, ma non senza affrontare discriminazioni nell’ambito sociale universitario: basti pensare, a titolo esemplificativo, che gli ebrei erano obbligati a fare gli esami solo in coda a tutti gli altri candidati, o che a loro fosse vietata totalmente la partecipazione alla vita sociale universitaria. Interessante il fatto che dopo la sua laurea Giorgio non venne allontanato dall’Italia, nonostante vi fosse a Padova una legge per cui tutti gli studenti ebrei stranieri dovessero essere immediatamente espatriati una volta conclusi i loro studi. Giorgio era infatti ungherese, quindi non sarebbe potuto rimanere in Italia, ma sappiamo da alcune sue lettere che aveva fatto richiesta di avere cittadinanza italiana. Inoltre, sempre dalla documentazione, sappiamo che dopo la laurea egli rimase a Belluno, dove aveva trovato impiego; questo ci ha portato a pensare che, forse, la sua richiesta di cittadinanza italiana fosse stata accolta, anche se non abbiamo trovato conferme al riguardo nel suo fascicolo di studente.


    Cosa aggiunge alla storia e cosa rappresenta secondo voi la vostra scoperta?

    Questo viaggio sulle tracce di Giorgio Arany ci ha portato a riflettere su più fronti. Il primo è l’importanza dell’archivio: siamo così abituati a pensare che sia una semplice raccolta di documenti burocratici che non ci soffermiamo su quante tracce di vita siano raccolte al suo interno. La memoria di Giorgio è sopravvissuta proprio grazie alla conservazione documentale, e alla possibilità di consultare tali documenti! Il secondo punto di riflessione riguarda la memoria che abbiamo di quegli anni e di quelle persone: molti testi parlano di cifre, di collettività, raramente si pensa al singolo, a chi era e a quali fossero i suoi sogni, i suoi sentimenti e le sue emozioni: insomma, alla sua persona. Tutta la nostra ricerca aveva – e ha – lo scopo di ridare in qualche modo vita e dignità alle vittime dell’Olocausto. Speriamo che la nostra scoperta porti a nuove altre ricerche, perché ci sono ancora tante storie da raccontare, e siamo certi ne valga la pena.

    (Archivio Generale di Ateneo, Processi verbali di laurea, Ingegneria vol. 29 (1942). Su concessione dell’Università degli Studi di Padova – Ufficio Gestione documentale”)

    Luca Marinello, laureato in Lettere Moderne e specializzato in Linguistica presso l’Università di Padova con una tesi comparativa di Linguistica Storica sulla ricostruzione del caso genitivo in latino e falisco, ha svolto il Servizio Civile Universale presso l’Archivio dell’Università patavina. Attualmente è tecnico amministrativo presso tale Ufficio.

     

    Silvia Michelotto, laureata alla magistrale di Arti Visive presso l’Alma Mater di Bologna, con una tesi sulla distruzione delle biblioteche durante l’Olocausto, ha prestato Servizio Civile Universale presso il Centro per la Storia dell’Università di Padova. Attualmente è tutor del Museo di Geografia dell’Università di Padova, primo museo di Geografia in Italia.

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