Skip to main content

SPECIALE PESACH 5784

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    PROBLEMI DI HALAKHÀ CONTEMPORANEA: LA VOCE DI UN FIGLIO

    PROBLEMI
    DI HALAKH
    À CONTEMPORANEA
    ALLA LUCE DELLA PARASH
    À SETTIMANALE.
    PARASH
    À DI TOLEDOT 5779: LA VOCE DI UN FIGLIO

     

    di
    Rav Roberto Colombo 

    Yaakòv
    si presenta al cospetto del padre Itzchàk, divenuto ormai cieco, travestito da
    ‘Esàv per carpire al fratello le benedizioni a lui destinate. Itzchàk, dopo
    aver toccato Yaakòv, dice: “La voce è la voce di Yaakòv ma le mani sono quelle
    di ‘Esàv”. I Maestri del Midràsh insegnano: “Solo se la voce non è quella di
    Yaakòv si devono temere le mani di ‘Esàv”. La voce di Yaakòv è il bel canto
    della Tefillà e il profondo studio della Torà.

    Domanda:
    il figlio unico di una coppia di genitori americani non più giovani, decise di
    andare a studiare in Eretz Israèl in una Yeshivà. Il padre e la madre del
    ragazzo, non particolarmente osservanti, chiesero al figlio di telefonare loro
    alla fine dello Shabbàt, quando in America è ancora festa, e di cantare ogni
    settimana dei canti sabbatici pronunciando qualche parola di Torà in modo che
    anch’essi potessero vivere l’atmosfera sabbatica. Avevano bisogno di sentire la
    voce del loro figlio per poter sentire un po’ la festa. Ovviamente i genitori
    non avrebbero sollevato la cornetta del telefono e si sarebbero limitati ad
    ascoltare il figlio attraverso la segreteria telefonica. Il giovane chiese ai
    suoi Maestri se la cosa era fattibile.

    Risposta:
    rispose alla domanda rav Zilbershtàin: “La cosa non è vietata dalla Torà e
    neppure dai Maestri. Il ragazzo, infatti, non telefonerà di Shabbàt e i
    genitori non risponderanno alla chiamata ma si limiteranno ad ascoltare la
    segreteria telefonica. È ovvio che tutto ciò non sia auspicabile e che sarebbe
    conveniente che i genitori cantassero da soli i canti sabatici, ma se la voce
    del figlio può aiutare loro a ritrovare un po’ di felicità perduta a causa
    della solitudine e a far sentire loro maggiormente il clima della festa, la
    cosa può essere fatta. In alcuni casi si permette, infatti, di essere
    facilitanti per guarire la tristezza, la depressione o l’abbattimento di una
    persona. I genitori, però, devono impegnarsi a non alzare mai la cornetta
    mentre il figlio sta parlando e devono abbassare il volume della segreteria
    telefonica altrimenti qualche ebreo, sentendo la voce del ragazzo, potrebbe
    pensare che costui stia telefonando ai propri genitori da Eretz Israel non
    curandosi della trasgressione fatta fare a loro.

    CONDIVIDI SU: