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    La burocrazia del male: i documenti sulla persecuzione antisemita. In mostra a Milano

    Hannah Arendt ci ha insegnato a riconoscere la banalità del male. Un concetto che trova evidenza (e in inglese “evidence” significa “prova”) nella mostra “Storie restituite”, che Intesa Sanpaolo nelle Gallerie d’Italia di Piazza Scala a Milano dedica ai documenti della persecuzione antisemita nell’archivio storico della banca. In quei faldoni, quei banali, appunto, documenti, passa tutto il dramma della Shoah, in una versione anti retorica e quindi molto più reale. “I documenti – ha detto Barbara Costa, dell’Archivio storico di Intesa Sanpaolo, curatrice della mostra – sono proprio lì a testimoniare, al di là delle fake news e al di là dei negazionisti, che questi fatti sono esistiti. E i documenti ci saranno, se saremo capaci di conservarli, anche dopo, quando purtroppo non ci saranno più i testimoni degli avvenimenti. Quindi il nostro lavoro è fatto per garantire che queste carte, che la memoria di questi avvenimenti, che la storia di questi avvenimenti sia conservata nei prossimi decenni”.  I documenti si riferiscono ai beni espropriati, confiscati e sequestrati in Lombardia ai cittadini di religione ebraica dall’Egeli, l’ente governativo che ebbe un ruolo chiave in questa spoliazione. E dunque qui il concetto di memoria, come conferma Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, assume una valenza tragica e concreta. “Non è solo memoria astratta – dice lo storico – è il ricordo e il ragionamento su quello che è accaduto, sulle dinamiche innescate dalla persecuzione anti ebraica per legge, eseguita da esecutori che non solo soltanto il cattivo nazista che fucila o impicca, ma è anche il piccolo funzionario che entra nella vita privata di una famiglia, di una persona, ne elenca i beni in maniera particolareggiatissima, per poi depredarli per conto dello Stato. Una ferita alla civiltà italiana, una documentazione che ci costringe a metterci di fronte alla nostra storia”. 

    Il percorso espositivo racconta anche sei storie particolari, sei casi che in qualche modo abbracciano le tante, troppe tipologie di una oppressione intollerabile. Un’operazione che è certamente culturale e documentativa, ma che non può non avere anche una valenza etica.  “Qui – spiega Michele Coppola, direttore Arte, Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo – si riesce anche a dimostrare quanto sia attuale e importante un archivio, che in questo caso è un archivio di una banca, che proprio per la sua particolarità di impresa privata, dimostra come il suo archivio sia un archivio della nostra storia, della nostra memoria. Leggere la forza e la severità di un documento burocratico che affronta temi drammatici come quelli qui raccontati, credo sia un dovere per un’impresa privata, come è Intesa Sanpaolo, che si assume una responsabilità civile”.  La mostra che arriva poco prima del Giorno della Memoria, resta aperta al pubblico alle Gallerie d’Italia fino al 23 febbraio.

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