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    Operazione Opera: l’IDF rilascia un video raffigurante Ilan Ramon

    L’esercito israeliano ha pubblicato un video raffigurante l’ex-astronauta Ilan Ramon dopo il suo ritorno dagli Stati Uniti, dove si era addestrato per la missione spaziale con lo Space Shuttle Columbia, prevista per il febbraio 2003. Lo stesso volo che, nella fase di rientro, gli costò la vita assieme a tutto l’equipaggio a causa dell’esplosione che disintegrò la navicella nei cieli del Texas. Il video reso noto dall’IDF testimonia una riunione tra i veterani di guerra israeliani autori dell’operazione “Opera”: l’attacco al cuore del programma nucleare di Saddam Hussein a Osirak (Iraq) nel 1981. La missione venne effettuata con gli F-16, su cui i piloti avevano da poco completato il corso di addestramento, inaugurando un’era completamente nuova per la IAF. Un colpo che è stato, e rimane, uno degli strike più audaci di Israele. In quell’occasione, Ramon fu incaricato di preparare le mappe ed esaminare se i jet fossero in grado di garantire il viaggio di ritorno. Come giovane ufficiale di navigazione, il suo aereo sarebbe stato il chiudi-fila della flotta aerea. “Ramon era a conoscenza della possibilità, in quanto ultimo velivolo a rientrare, di essere abbattuto – ha dichiarato Shafir, anch’esso membro dell’operazione, al Jerusalem Post – Il capo della squadra ci ha detto che la cosa più importante era quella di tornare casa. Pensavamo che almeno due aerei sarebbero stati abbattuti, e Ilan ed io credevamo che saremmo stati noi perché eravamo gli ultimi. Era una sensazione dura di cui non potevamo liberarci, ma sapevamo che era una missione storica e che, anche se fossimo morti, era un qualcosa che andava compiuto”. Secondo quanto riferito, dieci soldati iracheni ed un civile francese furono uccisi nell’attacco sferrato da Israele. Tutti i piloti israeliani tornarono sani e salvi alle loro basi. “È stato come se fossi tornato in vita – ha raccontato Shafir – Io e Ilan ci siamo abbracciati per un minuto, senza parlare. Quando i nostri piedi hanno toccato l’asfalto, la pressione che abbiamo avuto sulle nostre spalle per sei mesi è stata diminuita”. Nel filmato pubblicato dall’IDF è presente anche un commovente discorso, durato diversi minuti, in cui Ramon racconta le emozioni provate prima di compiere la missione. Dalla paura di non tornare a casa, al pensiero verso sua madre – sopravvissuta alla Shoah – fino alla missione fuori dal globo. “A quel tempo vivevo a Ramat Chen. La gente urlava e imprecava contro di me per la strada, ed ho pensato ‘Perché lo sto facendo? Cosa ho fatto loro?’ – racconta Ramon – Poi mi sono ricordato delle mie origini, della mia storia e di quella del popolo ebraico, ed ho pensato ‘Non ho intenzione di permettere che accada di nuovo, qualunque cosa succeda.’ Questo è ciò che mi ha aiutato ad andare in quella missione.” Dopo un lungo dialogo con dei sopravvissuti, Ramon capì d’essere “parte di una storia più grande” e, proprio in quell’occasione, chiese loro che cosa avrebbe dovuto portare nello spazio con la missione di febbraio. Uno di loro gli diede una lettera:” Ecco il mio umile suggerimento per te, Ilan: la bambola che mia figlia di sette anni ha portato ad Auschwitz, ora cosparsa delle sue stesse ceneri. Dato che sarai vicino ai cieli, aprili e lascia che si scusino per non aver risposto alle nostre preghiere. Mi chiedo ancora: perché?” Quella lettera lo tormentò. Ramon vide in quelle parole il monito per compiere il suo lavoro, e quella missione lo collegò per sempre “all’intera nazione ebraica”. Alla fine, Ilan Ramon portò con sé nello spazio il disegno “La terra vista dalla luna” di Petr Ginz, un bambino, con il sogno di diventare astronauta, morto nel campo di sterminio di Terezin a soli dodici anni. Non ci diventò mai, il suo sogno si fermò in quel Lager, ma il suo disegno fluttua ancora nei meandri dell’infinito.

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