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    L’arte per gli altri – Gli oggetti al Museo ebraico ricostruiscono la tzedakà nel passato

    Nelle sue varie forme l’aiuto al prossimo è sinonimo di giustizia sociale e alcune testimonianze giunte fino a noi dal periodo del ghetto e dalle Cinque Scole, ora conservate nel Museo Ebraico di Roma, raccontano come queste azioni siano state accompagnate da straordinari oggetti artistici. 

    Le Scole che furono il centro della vita ebraica romana assolsero non solo il compito di luogo di riunione durante le cerimonie religiose ma, grazie alle offerte dei frequentatori e del supporto delle confraternite, di assistenza ai più bisognosi. Non bisogna immaginare le decorazioni donate dalle famiglie nei secoli, tra cui tessuti ricamati e argenti, come un solo fatto estetico, ma come un sollievo dalle misere condizioni all’esterno. A questo tipo di usanza era affiancato un sostegno alla popolazione ebraica più duramente colpita dalla difficile vita del ghetto: i marmi che provenivano da queste sinagoghe e che ora precedono l’ingresso del Museo testimoniano con le loro inscrizioni in caratteri ebraici ornati le storie di chi decise di lasciare i propri averi alla collettività, mentre le frasi tratte per esempio da Isaia, dai Proverbi e dai Salmi riportano al valore di queste azioni. 

    Le classi più indigenti non erano mai esposte a chiedere pubblicamente aiuto, cosicché all’interno dell’Università Israelitica – così era chiamata la Comunità – si organizzavano turni per la raccolta del pane; anche una tabella del 1795 con i nomi delle coppie di ebrei preposte a questo compito, in deposito dall’Archivio Storico della Comunità, fu ornata con un disegno di una cornice con volute e fiori.

    Non mancano certo delle curiosità che rimandano all’attualità come dei gettoni decorati di varie dimensioni (probabilmente del XIX secolo), che erano distribuiti affinché i bisognosi potessero richiede “un pollo piccolo” o “pollo grande” come dichiarato dalle scritte in ebraico e italiano presenti sulle piastrine.

    Tra gli “strumenti” per la raccolta dei fondi, come le cassette per la tzedakà, vi è un piccolo pozzetto in bronzo cesellato della Scola Castigliana, acquistato intorno al 1747, che si distingue per una superficie ondulata decorata da arabeschi e ghirlande e che ha nei quattro angoli colonne tortili con ramoscelli d’ulivo e capitelli ionici. Questi esempi sono specchio del gusto e dello stile del tempo e dimostrano come ogni oggetto legato alle mitzvot possa avere un valore artistico a dimostrazione dell’importanza dei comportamenti verso l’altro.

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