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    Scuola-Famiglia: tiene ancora il patto educativo?

    Alla vigilia del ritorno in classe, torna d’attualità il tema del cellulare a scuola, dopo la circolare del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara del dicembre scorso che conferma il divieto di utilizzare dispositivi digitali durante le lezioni, eccezion fatta per casi in cui vi sia «il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative». Un richiamo alle regole che conferma quanto già stabilito dalla circolare Fioroni sedici anni fa. Un tema a cui hanno fatto riferimento anche i dirigenti scolastici delle scuole ebraiche Milena Pavoncello e Rav Benedetto Carucci nella loro recente intervista con Shalom in merito ai nuovi conflitti intergenerazionali e ai cambiamenti nei modelli del rapporto tra scuola e genitori.

     

    Dopo tanti decenni si imparano a conoscere certi comportamenti tipici dell’età della crescita: dispetti, qualche prepotenza, suggestione verso i più grandi, il difficile confronto con il passaggio dall’età infantile a quella adolescenziale. Ma Milena Pavoncello e Rav Benedetto Carucci, dirigenti scolastici rispettivamente della scuola elementare Vittorio Polacco e media Angelo Sacerdoti l’una e del Liceo Renzo Levi l’altro, ravvisano anche alcune specificità nelle ultime generazioni. «Nel comportamento dei bambini delle elementari non ci sono grosse differenze dal passato, soprattutto nei primi anni sono ancora molto piccoli» spiega Pavoncello. «In alcuni si sente l’effetto della pandemia, che inevitabilmente ha lasciato strascichi a livello didattico e sociale, soprattutto nelle prime classi, dove si deve intervenire con l’insegnamento della convivenza e del rispetto reciproco – aggiunge Roberta Spizzichino, insegnante e vice direttrice della Vittorio Polacco – Tra i più grandi la riconquistata socialità talvolta si trasforma in atteggiamenti provocatori, che dentro la scuola restano controllati».

    Il confine tra la prassi e le novità è molto labile, ma da qualche anno è subentrata una dinamica dirompente: le chat dei genitori. «Diversi episodi di tensione, lievi o gravi che siano, hanno un’ampia cassa di risonanza nelle discussioni che avvengono su vari gruppi di messaggistica tra i genitori – sottolinea Pavoncello – Si crea così talvolta un clima ostile, in cui il ruolo della scuola viene scavalcato dal diretto confronto tra gli adulti. Naturalmente non si deve generalizzare, questa non è la regola, ma casi di questo tipo sono sempre più diffusi: nel mondo della scuola siamo in parecchi a riscontrare questo fenomeno. Per questo ci appelliamo continuamente ai genitori affinché siano più collaborativi nel patto educativo scuola-famiglia, visto che insieme rappresentiamo le due entità che più contribuiscono alla formazione dei giovani». Queste dinamiche sono presenti anche tra i più grandi. «Probabilmente alcuni genitori hanno un occhio di riguardo per i propri figli rispetto a certi comportamenti discutibili, ma serve una riflessione molto articolata e complessa – sostiene Carucci sul tema – Non è solo una questione intergenerazionale, talvolta gli adulti giustificano i comportamenti di loro stessi. Se gli adulti perdono la lucidità, i ragazzi, che non sono ingenui, se ne rendono conto. Questo è un problema generalizzato, non relativo solo alla nostra comunità: alcuni comportamenti censurabili appartengono proprio agli adulti. Scuola e famiglia devono svolgere la propria funzione senza pretendere dall’altro ciò che non può dare».

    L’altro elemento innovativo rispetto al passato è dato dall’uso dei cellulari e dei social network: le prime volte compaiono già dalla terza-quarta elementare, ma fino a 10 anni circa la regola di non utilizzarlo a scuola è rispettata senza ostacoli. Già alle medie diventa faticoso e la cassetta che contiene i dispositivi è oggetto del desiderio di molti. In passato si sono anche verificati episodi, puniti con la sospensione, in cui studenti hanno fotografato i professori. «I ragazzi sono sottoposti a modelli che non appartengono alla loro età: vedendo i social e le serie tv assistono a scene di violenza che possono provocare un rischio emulazione. Spesso hanno una dipendenza dal cellulare e adorano pubblicare foto, video, storie: vanno a caccia di like, con il sogno di diventare influencer o youtuber» racconta Pavoncello.

    Da una parte dunque c’è la tecnologia e un suo uso talvolta distorto; dall’altra un cambiamento sociale, per cui a volte si mette in dubbio l’intervento della scuola, che rappresenta un’agenzia educativa, non solo uno strumento didattico. Questo atteggiamento spesso è dettato da sentimenti affettuosi: molti genitori sono molto presi dal lavoro, hanno meno tempo di occuparsi dei figli e diventano più protettivi, con una tendenza a non dire mai di no, ma il rischio è di diventare più amici che genitori, perdendo di vista i reali obiettivi. 

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