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    80 anni fa la Conferenza di Wannsee: quando lo sterminio diventò burocrazia

    Il 20 gennaio del 1942, 80 anni fa, giorno della Conferenza di Wannsee, è identificato come una data simbolo nella pianificazione della Shoah. La realtà di quelle due ore scarse di incontro ci consegna un quadro in parte diverso, ma non per questo meno crudo e spietato. 

    L’obiettivo della “soluzione finale” della questione ebraica era già nei piani del regime nazista e i prodromi erano emersi già nei mesi precedenti. Questo episodio mantiene comunque un valore nell’evidenziare la specificità e la scientificità con cui si svolse lo sterminio degli ebrei.

    La Conferenza di Wannsee si tenne in riva all’omonimo lago, una zona elegante di Berlino, in un edificio adibito a luogo di vacanza per i membri delle SS. La riunione era stata convocata da Heinrich Himmler e fu presieduta da Reinhard Heydrich, capo dell’Ufficio centrale per la sicurezza nazionale, della polizia e dei servizi segreti. I presenti erano sedici: tredici alte personalità della burocrazia e dell’esecutivo dello Stato nazista, Heydrich, il responsabile per la questione ebraica Adolf Eichmann e una stenografa rimasta ignota.

    L’incontro era considerato ufficialmente “una colazione di lavoro”, tanto che anche il verbale della seduta era intitolato ufficialmente “Colloquio dei segretari di Stato”. Non fu l’occasione in cui venne stabilito il genocidio: rappresentò piuttosto il momento in cui i diversi funzionari furono ufficialmente informati dei propri ruoli e in cui si ipotizzarono tempi e modi.

    Come confermato da Eichmann vent’anni più tardi, regnava un’atmosfera di allegria, che strideva fortemente con i biechi propositi alla base della riunione. Non vi furono né discussioni né obiezioni. Nel libro “L’Olocausto”, lo storico tedesco Wolfgang Benz nota come nel verbale il destino di undici milioni di ebrei europei fosse annunciato in modo inequivocabile: si prevedeva un avviamento in campi di lavoro nell’Europa orientale, con naturali decimazioni in gran parte del contingente. Il processo di sterminio era già in corso: si evince, ad esempio, nell’ottobre ’41, con l’invio di un alto funzionario del Ministero degli Esteri a Belgrado per appurare se il problema degli ebrei non potesse essere “risolto in loco”.

    Tra gli scopi della Conferenza di Wannsee vi era dunque il chiarimento che la soluzione finale fosse di competenza esclusiva del Reichsfuhrer delle SS Himmler e dello stesso Heydrich: si dovevano evitare perdite di tempo ed eventuali diatribe sul tema.

    Bisognava poi chiarire il metodo, visti i costi e le difficoltà della fucilazione: sul modello di quanto già attuato nei mesi precedenti, si optò per l’uccisione con il gas che avrebbe contrassegnato i campi di sterminio nei mesi a venire.

    Venne poi affrontato l’atteggiamento da prendere nei confronti dei figli di matrimonio misto e dei loro discendenti, ai quali si decise di estendere l’applicazione delle leggi di Norimberga, con la distinzione tra chi avesse “sangue misto di primo grado” (considerati ebrei) e “sangue misto di secondo grado”, ritenuti di sangue tedesco.

    Pertanto, la Conferenza di Wannsee si può ricondurre a un lavoro di burocrazia, con  alti funzionari dello Stato messi al corrente dell’intenzione di assassinare almeno 11 milioni di persone.

    L’idea dello sterminio era già presente prima; per una piena attuazione sarebbero stati invece necessari ancora alcuni passi, tanto che, come ha rilevato lo storico David Bidussa in un recente articolo sul Sole24Ore, alla fine di questi preparativi (nella primavera 1942) l’80% degli ebrei che perderanno la vita durante la Shoah era ancora in vita.

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