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    La guerra fra Russia e Ucraina vista da un esperto israeliano – Intervista a Zvi Magen, ex ambasciatore di Israele a Mosca e Kiev

    Molti si sono meravigliati del coinvolgimento di Israele in una possibile mediazione nella guerra fra Russia e Ucraina. Dopo due settimane di battaglie, il primo ministro israeliano Bennett è il solo politico occidentale ad aver incontrato di persona Putin e parlato ripetutamente con Zelenski. È dunque molto importante capire il punto di vista di Israele sugli sviluppi di questa vicenda. Shalom ne ha parlato con un esperto, l’ambasciatore Zvi Magen, che ha rappresentato Israele tanto a Kiev fra il 1993 e il 1997 che a Mosca, dove ha guidato l’ambasciata fra il 1998 e il 1999. Magen ha anche lavorato nel servizio segreto militare e ha presieduto il centro interdisciplinare di Hertzliah. Oggi fa parte dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza nazionale dell’Università di Tel Aviv. Insomma si può dire che esprima il punto di vista della comunità di intelligence israeliana.

     

    Ambasciatore, come valuta l’invasione russa dell’Ucraina?

    “Bisogna partire dal fatto che, dal punto di vista di Putin, questa non è una guerra della Russia all’Ucraina, ma alla Nato. L’Ucraina è naturalmente la vittima dell’invasione, ma il nemico contro cui si batte Putin è la Nato. Conquistare l’Ucraina o ridurla in uno stato di sottomissione per lui ha senso soprattutto per bloccare la Nato e diminuire la sua influenza e possibilità di azione”.

     

    Sì, ma poi la guerra si fa sul territorio ucraino, contro le forze dell’Ucraina.

    “Il punto è proprio questo: gli sviluppi sul terreno ucraino sono la ragione della difficile posizione di Putin in questo momento. Il suo scopo era chiaramente di conquistare la capitale e di cambiare il governo in fretta, mettendo la Nato di fronte al fatto compiuto di un rovesciamento della situazione strategica in Europa orientale. Ciò non è accaduto. Le truppe russe sono ancora bloccate sulle città di confine. Sono avanzate, ma molto lentamente e a prezzo di dure perdite. Ciò ha fatto sostanzialmente fallire il piano di Putin”.

     

    Sembra che però la Russia prosegua la sua azione.

    “Sì, l’invasione prosegue; ma bisogna tener conto che Putin è sotto forte pressione. Vi sono almeno tre fronti. Uno è quello militare vero e proprio, con la resistenza ucraina che Putin evidentemente non si aspettava. Un secondo è la pressione internazionale, le sanzioni, che colpiscono molto pesantemente l’economia russa. Il terzo fronte è quello interno alla Russia e soprattutto alle sue élites. Non solo vi sono state proteste di piazza del tutto inconsuete in una situazione come questa. Anche gli oligarchi, i detentori del potere finanziario, si sono visti personalmente colpiti e fanno pressione perché la guerra finisca e si ristabilisca la normalità economica. Vi sono anche tensioni all’interno dei gruppi più vicini a Putin, per esempio fra i servizi segreti, che a quanto pare non erano favorevoli alla guerra e il vertice delle forze armate, che non riesce a ottenere i successi previsti. Subito prima della guerra Putin ha ricevuto anche una lettera di alcuni alti ufficiali che si dicevano contrari all’invasione. Insomma l’opposizione c’è e Putin non può andare avanti a lungo in questa situazione”.

     

    E dunque, di fronte a questa situazione bloccata, in cui le truppe russe non riescono a ottenere progressi decisivi, che cosa accadrà? Alcuni in Europa temono la possibilità di una guerra nucleare. 

    “Le armi atomiche in genere non servono per essere usate ma per esercitare pressione su nemici e opinione pubblica. Non c’è dubbio che Putin abbia usato questa minaccia, ordinando pubblicamente l’allarme delle forze nucleari. Ma questo non vuol dire che intenda usarle davvero. Mi sembra un’ipotesi non realistica”.

     

    Qual è la prospettiva attuale, dunque?

    “Il fatto fondamentale è che siano partiti i negoziati. Non solo si è avuto un primo incontro, ma poi ce ne sono stati altri due a livello piuttosto alto. E ora si prospetta una trattativa diretta fra i due ministri degli esteri. Certamente le posizioni delle due parti sono molto dure e ultimative, ma in un negoziato fra stati in guerra succede sempre così. Il fatto è che è in corso un processo negoziale e che c’è la volontà di proseguirlo. Bisogna pensare che entrambe le parti sono interessate a raggiungere un accordo”. 

     

    Lei è ottimista… 

    “No, sono realista. Vi sono forze che spingono in questa direzione. Anche se naturalmente in parallelo ai negoziati la Russia continua a bombardare, a uccidere. E anche se la Nato vuole che la Russia sia danneggiata abbastanza da questa avventura da non avere l’intenzione di riprovarci”.

     

    In questo quadro, qual è l’importanza della mediazione di Bennett?

    “Putin non ha scelto Bennett ma Israele, il solo stato democratico con cui può avere un rapporto non antagonistico. La ragione non sta nelle delle capacità personali di mediazione di Bennett. Putin ha scelto Israele perché è l’interlocutore che gli si addice di più in questo momento. Israele è l’unico stato democratico occidentale che non si è esposto, mantenendo relazioni con tutt’e due le parti e che quindi può fare da tramite nella trattativa, riportare credibilmente le sue posizioni a Zelenski e viceversa. Ciò è certamente molto utile, in questa fase”

     

    Questa mediazione o funzione di comunicazione di Israele potrà avere effetti positivi sulla trattativa  sul nucleare iraniano, che è il tema più importante oggi per Israele? 

    “Sono due questioni del tutto distinte. Israele non fa parte dei negoziati di Vienna, dove sia gli Usa che la Russia puntano a ristabilire un accordo con l’Iran, e ha espresso più volte le sue esigenze di sicurezza. Per il momento non vi è alcuna connessione fra le due trattative, sono completamente separate”.

    Foto copertina di Chen Galili

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