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    Parashà di Ki Tavò: Dove sono oggi i leviti?

    Questa parashà inizia con la mitzvà di portare di anno in anno le primizie al Bet Ha-Mikdàsh a Gerusalemme (Devarìm, 26: 1-2) e prosegue con la mitzvà  di dare la decima ai poveri, orfani e vedove, nel terzo anno e nel sesto anno del ciclo di sette anni. 

                Ogni anno vi era la mitzvà di dare la terumà (in media un cinquantesimo del raccolto) al kohèn e poi la prima decima al levita. Una seconda decima del raccolto doveva venire consumata a Gerusalemme dal padrone del podere o da altri. Nel terzo e nel sesto anno, questa seconda decima doveva essere sostituita da una decima destinata ai poveri. Il settimo anno era l’anno di shemità (di remissione) e il raccolto doveva essere messo a disposizione di tutti e pertanto non vi era l’obbligo delle decime. Nella Torà il terzo e il sesto anno sono chiamati “shenàt ha-ma’asèr”, l’anno della decima. 

                R. Naftali Tzvi Yehudà Berlin (Belarus, 1816-1893, Varsavia) nel suo commento Ha’amèk Davàr (ibid., 26:12) spiega che il terzo anno viene chiamato “anno della decima” anche se la prima decima viene data al levita ogni anno, perché la prima decima data al levita non era una donazione come la decima data ai poveri. La decima data al levita era a lui dovuta in cambio del fatto che la tribù di Levi era stata destinata al servizio nel tabernacolo e poi del Bet Ha-Mikdàsh a Gerusalemme. Per questo motivo la tribù di Levi non aveva ricevuto un territorio proprio e abitava dispersa nelle città delle altre tribù.

                Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Sèfer Zera’im, Hilkhòt Shemità ve-Yovèl, cap. 12:12) spiega qual era il ruolo della tribù di Levi: “Perché [la tribù di] Levi  non ricevette una parte di Eretz Yisrael e del bottino di guerra come i loro fratelli? Perché fu destinata al servizio di Dio, a servirLo e a insegnare al pubblico i comportamenti da seguire e le Sue giuste leggi, come è detto: «Insegneranno i tuoi statuti a Ya’akòv e la tua Torà a Israele» (Devarìm, 33:10). Pertanto furono separati dalla vita mondana. Non fanno la guerra come il resto del popolo ebraico, né ricevono proprietà terriera o acquisiscono con la forza. Sono invece l’esercito di Dio…”. 

                Ed oggi allora, che non abbiamo più i leviti che istruiscono il popolo, chi coltiva lo studio della Torà per insegnarlo a Israele? 

                La risposta viene dal Maimonide stesso che alla fine del capitolo (par. 13) aggiunge: “Non solo la tribù di Levi, ma qualunque abitante del mondo il cui spirito generoso e la mente hanno fatto sì che desideri separarsi [dalle cose mondane] e servire l’Eterno per conoscerne gli insegnamenti, procedendo con rettitudine come Dio lo ha creato, rimuovendo da sé il giogo dei molti artifici che le persone cercano,  si è distinto con grande kedushà. Dio sarà la sua porzione ed eredità per sempre e fornirà ciò che è sufficiente per lui in questo mondo, come Egli provvede i sacerdoti e i leviti…. 

                Chi sono quindi oggi coloro che hanno assunto su di sé il compito della tribù di Levi di studiare gli insegnamenti dell’Eterno e di insegnarli al pubblico? Sono coloro che a Gerusalemme, a Benè Beràk, a Har Etziòn e nella Diaspora vivono senza lussi e si dedicano allo studio della Torà, mantenendo lo spirito ebraico e assicurando così il futuro del popolo d’Israele. 

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