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    ISRAELE

    Il fallimento dell’attacco iraniano

    La dinamica dell’attacco
    L’attacco iraniano sul suolo di Israele lungamente annunciato si è svolto ieri notte con grande energia. Sono state sparati molte centinaia fra droni, missili balistici, missili da crociera, razzi Katyusha; essi provenivano dal territorio iraniano e dai suoi satelliti in Libano, Iraq, Siria, Yemen. Ed è sostanzialmente fallito: quasi tutti i proiettili sono stati abbattuti da Israele e dai suoi alleati in questa battaglia (Usa innanzitutto, ma anche Gran Bretagna e Giordania, forse l’Arabia). Ha tenuto bene la difesa aerea multistrato di Israele (composta da Iron Dome, in questo caso non utilizzabile perché è efficace su minacce vicine e poi da David Sling, per le minacce a media distanza e da Arrow per i missili balistici, più gli aerei F35 che sono capaci di abbattere i missili da crociera). I danni sono stati molto limitati. Ora l’Iran ha dichiarato conclusa la sua vendetta per l’uccisione del generale dei pasdaran Mohammad Reza Zahedi; ma naturalmente in guerra e soprattutto in Medio Oriente un attacco del genere non può restare senza risposta. Si resta dunque in attesa di una reazione israeliana, anche se Biden e altri leader occidentali hanno chiesto che non vi fosse. Israele si trova di fronte a una scelta strategica importante sul come rispondere mantenendo la solidarietà occidentale.

    Attacco vero, atto simbolico e prova delle difese?
    Le modalità dell’attacco lasciano perplessi. L’Iran ha fatto partire verso le 10 di ieri sera un grosso sciame di droni, che è stato rilevato facilmente dai satelliti; ma i droni ci mettono alcune ore per coprire i 1500 chilometri che separano le loro basi dal territorio israeliano, perdendo l’effetto sorpresa e lasciando molto tempo alla preparazione; poi ha sparato i missili da crociera che impiegano un paio d’ore, volando a bassissima altezza; e solo alla fine i velocissimi missili balistici. Era chiaro che la manovra, annunciatissima, sarebbe stata rilevata e probabilmente fermata. Sembrerebbe quasi un atto simbolico, ma fatto con grande dispendio di mezzi e con tre costi strategici molto notevoli: la perdita della faccia di un attacco che non ha prodotto danni; il rinsaldarsi dell’alleanza occidentale intorno a Israele; e l’esposizione alla rappresaglia del territorio iraniano, che Israele aveva finora sempre evitato di colpire direttamente e ora può legittimamente prendere di mira. Anche come atto simbolico si tratta dunque di un fallimento; forse è possibile interpretare la mossa iraniana come un tentativo di mettere alla prova le difese israeliane di fronte a un attacco aereo massiccio che avrebbe potuto forse, nelle speranze degli ayatollah, saturare le difese. Solo il futuro potrò dire se gli ayatollah impareranno da questo fallimento, che per ora rinforza Israele.

    La responsabilità dell’escalation è tutta dell’Iran
    All’analisi va aggiunta un ultimo tema. Vi è chi dice: se Israele non avesse attaccato a Damasco la settimana scorsa il centro dei pasdaran (che sono – ricordiamolo – le Guardie Rivoluzionarie, cioè la milizia del regime degli ayatollah), la guerra diretta con l’Iran non sarebbe partita. È un argomento sbagliato. L’Iran è in guerra con Israele da molti anni, arma e dirige i movimenti terroristi che minacciano lo stato ebraico da Libano, Siria, Iraq, Yemen e ci provano anche da Giordania e Giudea e Samaria. L’Iran controlla Hamas e Jihad Islamica, i movimenti terroristi di Gaza. Il 7 ottobre non è solo un episodio del terrorismo arabo contro gli ebrei, ma soprattutto un capitolo di questa guerra, che l’Iran ha combattuto finora dirigendo e sfruttando gli arabi. Dopo Soleimani, ucciso dagli americani alcuni anni fa, Zehedi era diventato il comandante di queste armate mercenarie, il capo della guerra iraniana contro Israele. È accertata la sua responsabilità nella preparazione del 7 ottobre, che non sarebbe certo avvenuto senza il suo assenso. Eliminarlo in una riunione dove stava dando ordini ai rappresentanti di Hezbollah e altri terroristi era non soltanto legittimo, ma doveroso. Com’è doveroso l’attacco a Gaza. La guerra non si può vincere solo eliminando gli esecutori terroristi, ma recidendo il loro legame con gli ayatollah. Che l’Iran abbia usato il suo territorio e coinvolto tutti i movimenti terroristici nell’attacco (e che contemporaneamente abbia sostituito gli Houti nel sequestrare una nave civile in acque internazionali) è un fatto importante, perché chiarisce anche agli occhi dell’Occidente responsabilità e obiettivi. Il nemico da sconfiggere per ottenere la pace in Medio Oriente non è solo Hamas, ma l’Iran.

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