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    “PIETRE D’INCIAMPO” PER NON DIMENTICARE. SEI STORIE RACCONTATE SU RAI STORIA

    ”C’è un antico detto che recita: l’essere umano è l’unico animale che riesce a inciampare per due volte sulla stessa pietra. Fate attenzione, dunque. In Europa, a partire dagli anni Novanta, sono state disseminate 75mila pietre come questa. Su ogni pietra è inciso un nome che racconta una storia, la storia di una vittima del nazifascismo, che non va dimenticata. Per non inciampare di nuovo nello stesso errore”. Così la giornalista Annalena Benini introduce la prima puntata di ”Pietre D’Inciampo”, la nuova docu-serie storica ideata da Simona Ercolani, prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Cultura – in onda da giovedì 15 ottobre alle 20.45 su Rai Storia – che ripercorre in sei episodi le vicende di sei famiglie vittime della Shoah e della persecuzione nazifascista in Italia, a cui sono state dedicate altrettante pietre d’inciampo. Nate dall’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, le pietre d’inciampo sono ”sanpietrini” in ottone che segnano le abitazioni o i luoghi di lavoro di persone che sono state vittime della persecuzione nazifascista: ebrei, oppositori politici, militari, rom e sinti, omosessuali deportati nei campi di sterminio o giustiziati. Ciascuna di queste pietre, più di 1.300 solo in Italia, rappresenta e tramanda ai posteri una storia di discriminazione e crudeltà, di vite distrutte e di famiglie separate: la giornalista, editorialista e scrittrice Annalena Benini conduce il pubblico attraverso l’intimo racconto di sei storie emblematiche, ambientate a Milano, Livorno, Viterbo, Roma e Napoli, attraverso interviste ai famigliari, ricordi di famiglia come lettere e fotografie e ripercorrendo luoghi diventati simbolo della follia nazifascista, come il campo di Fossoli, il binario 21 della Stazione Centrale e il carcere di San Vittore a Milano, le strade del ghetto ebraico di Roma. Ad aprire la serie, la storia di Angelo Anticoli, orafo di Roma scampato al rastrellamento del 16 ottobre del 1943 con la sua famiglia: la moglie Rosa e le tre figlie si nascondono nel Convento delle Suore di Santa Francesca Romana vicino al Campidoglio, mentre Angelo con il figlio Graziano viene accolto da una comunità di frati a Via dei Serpenti. Nell’aprile del 1944 però, proprio mentre sta andando a trovare Rosa e le bambine, Angelo viene arrestato. Poco più di un mese dopo, viene trasferito a Fossoli e poi deportato ad Auschwitz dove muore il 24 settembre 1944. Aveva compiuto da poco 38 anni. Durante la permanenza in carcere Angelo ha scritto ogni giorno alla moglie: la figlia Silvia ancora conserva gelosamente quella trentina di lettere scritte a matita con calligrafia chiara e ferma. Ed è stata proprio lei a richiedere l’installazione della pietra di inciampo ed è lei a tramandare la memoria di suo padre. (AR/Adnkronos) 

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