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    Mondo

    Antisemitismo a Harvard: il nuovo rapporto denuncia discriminazioni sistemiche e doppi standard verso gli studenti ebrei

    Emarginati, stigmatizzati, costretti a celare simboli e identità per paura di ritorsioni. È questa la condizione denunciata da un numero crescente di studenti ebrei all’Università di Harvard, secondo quanto emerge da un rapporto pubblicato martedì dalla Task Force on Antisemitism, voluta dal presidente ad interim Alan Garber. Queste indagini accendono i riflettori su un clima sempre più tossico e polarizzato nel prestigioso ateneo americano, aggravatosi all’indomani del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023.

    Il rapporto della Task Force on Antisemitism, che raccoglie in centinaia di pagine oltre 500 testimonianze di studenti, docenti e personale universitario, parla chiaro: molti giovani ebrei si sentono oggi sotto pressione, esclusi da ambienti accademici o sociali se non rinnegano apertamente il proprio legame con Israele o con il Sionismo, inteso come semplice diritto all’esistenza dello Stato ebraico. “Per la prima volta nella mia vita ho paura di dire che sono ebrea,” racconta una studentessa. “Mi è stato chiesto: ‘Ma tu sei un’ebrea buona o una sionista?’, come se le due cose si escludessero.”

    In un episodio emblematico, a una studentessa è stato chiesto di rimuovere da un intervento pubblico il riferimento al nonno, sopravvissuto alla Shoah e tra i fondatori di un kibbutz. “Mi hanno detto che era una storia troppo unilaterale. Ma se avessi parlato di un nonno sfollato da Gaza, nessuno avrebbe detto nulla,” ha denunciato. Per la task force, si tratta di un evidente caso di doppio standard e di marginalizzazione della narrazione ebraica.

    Molti studenti riferiscono di evitare discussioni pubbliche per timore di essere etichettati come “oppressori” o di nascondere simboli identitari come la kippah o la Stella di Davide per non subire attacchi verbali o ostracismo. Il clima è peggiorato nei giorni successivi all’attacco di Hamas, quando alcuni gruppi studenteschi hanno pubblicamente giustificato – o persino celebrato – l’aggressione. Le richieste di una posizione chiara e decisa dell’amministrazione universitaria contro l’antisemitismo, secondo numerosi testimoni, sono rimaste inascoltate o accolte con ambiguità.

    La Task Force on Antisemitism, istituita dopo le dimissioni della rettrice Claudine Gay travolta dalle polemiche sulla gestione delle tensioni legate al conflitto israelo-palestinese, accusa Harvard di non aver riconosciuto in tempo le nuove forme di antisemitismo, spesso mascherate da attivismo politico. “Non si tratta di mettere a tacere le critiche a Israele – precisa il rapporto – ma di saper distinguere tra legittima opinione e demonizzazione dell’identità ebraica.”

    Tra le raccomandazioni finali: cosi obbligatori su antisemitismo e storia dell’ebraismo, formazione del personale, nomina di una figura dedicata alla raccolta delle segnalazioni e creazione di spazi sicuri per il dialogo.

    La questione ha ormai assunto una rilevanza nazionale. Il Congresso degli Stati Uniti ha infatti minacciato di tagliare i finanziamenti pubblici all’università – oltre due miliardi di dollari – per presunte violazioni delle tutele contro la discriminazione religiosa. Harvard è anche al centro di una battaglia legale promossa da esponenti dell’amministrazione Trump.

    “L’antisemitismo non è un problema degli ebrei, ma di tutti,” ha scritto il presidente Alan Garber nella lettera che accompagna il rapporto. “Siamo solo all’inizio, ma vogliamo costruire un cammino autentico verso il cambiamento.”

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