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    Mondo

    Antisemitismo nelle università europee: un clima di paura e esclusione per gli studenti ebrei

    Un clima di paura e isolamento per gli studenti ebrei si sta diffondendo nelle università europee. È quanto emerge dal nuovo rapporto “A Climate of Fear and Exclusion: Antisemitism at European Universities”, realizzato da B’nai B’rith International, democ e dall’European Union of Jewish Students (EUJS).

    Lo studio, che ha analizzato Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito, documenta un fenomeno in forte crescita dopo il 7 ottobre 2023. Da allora, i campus universitari sono diventati terreno fertile per intimidazioni, vandalismi, slogan ostili e narrazioni che spesso hanno superato i confini del legittimo dibattito politico, trasformandosi in veri e propri atti di antisemitismo.

    In diversi atenei europei, le manifestazioni anti-Israele hanno dato spazio a slogan che equiparano Israele al nazismo o invocano l’intifada. Nei Paesi Bassi, durante una protesta alla Wageningen University, è stato scandito lo slogan: “I sionisti sono tutti uguali, nazisti con un altro nome”. All’Università di Utrecht, un intero ciclo di conferenze sulla Shoah e sull’antisemitismo è stato cancellato. Accanto a questo, il rapporto segnala un aumento degli atti vandalici antisemiti: solo nel Regno Unito, tra il 2023 e il 2024, sono stati registrati diciassette episodi, rispetto ai quattro dell’anno precedente, con scritte e simboli ostili comparsi nei campus di Nottingham, Birmingham, Leeds, Londra e in altre città universitarie.

    Il documento raccoglie numerose testimonianze di studenti ebrei che raccontano un vissuto fatto di ansia e autoesclusione. All’Università di Vienna, una studentessa ha spiegato: “Ti chiedi se valga la pena andare in facoltà, quando sai che troverai cori e slogan antisemiti nel campus. È come se la tua stessa presenza fosse contestata”. In diversi atenei, altri studenti hanno rinunciato a portare simboli identitari, come la kippah o la Stella di David, per paura di aggressioni verbali e fisiche. Gli autori avvertono che questo clima sta generando un profondo senso di esclusione e sfiducia nei confronti delle istituzioni universitarie, che dovrebbero invece essere luoghi di pluralismo e rispetto reciproco.

    Il rapporto dedica attenzione anche all’Italia, dove gli atenei hanno conosciuto negli ultimi mesi una stagione di proteste particolarmente accesa. Manifestazioni e collettivi studenteschi hanno più volte utilizzato slogan che accostano Israele al nazismo o parlano di “genocidio a Gaza”. In alcuni campus sono state organizzate occupazioni o sit-in davanti alle aule, con cori e cartelli che, secondo gli autori, hanno contribuito a creare un clima di ostilità verso gli studenti ebrei. Una studentessa italiana racconta: “Partecipare a lezione è diventato difficile. Non tanto per le opinioni, ma per l’atmosfera: ti senti osservata e giudicata per la tua identità ebraica, come se fossi complice di ciò che accade in Medio Oriente”.

    Secondo il rapporto, questo atteggiamento non riguarda solo gli studenti, ma si riflette anche in parte del corpo docente, che in più occasioni ha mostrato scarsa sensibilità, accettando senza critica narrazioni radicali e falsi parallelismi storici. Un elemento che rischia di trasformare il dibattito politico in uno spazio in cui l’antisemitismo trova legittimazione implicita. Il documento punta il dito anche contro le amministrazioni accademiche, accusate di reagire con esitazione o, in alcuni casi, di tacita approvazione. Molti rettori hanno invocato la libertà di espressione senza però sanzionare episodi chiaramente riconducibili all’incitamento all’odio. In Austria, Germania e Spagna, inoltre, diversi collettivi universitari hanno collaborato con organizzazioni legate ad Hamas o al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, inserite nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’Unione Europea.

    “Azioni decisive, anche legali, sono necessarie per evitare un ulteriore avvelenamento dello spazio pubblico”, scrive nella prefazione Katharina von Schnurbein, coordinatrice della Commissione europea per la lotta all’antisemitismo. Un richiamo condiviso da Robert Spitzer e Daniel S. Mariaschin, presidente e CEO di B’nai B’rith International: “Le università europee stanno fallendo i loro studenti ebrei. L’antisemitismo viene troppo spesso giustificato come attivismo, ma è in realtà una minaccia alla sicurezza, all’inclusione e all’integrità stessa dell’istruzione superiore”.

    Gli autori del documento invitano le università a un cambio di passo deciso. Serve innanzitutto un rafforzamento della sicurezza nei campus e una maggiore collaborazione con le forze dell’ordine. Le proteste dovrebbero essere regolate con linee guida chiare e con sanzioni in caso di violazioni, mentre per gli studenti ebrei è necessario istituire punti di contatto e procedure di denuncia semplici ed efficaci.

    Il rapporto chiede inoltre di investire nella formazione dei docenti e nello sviluppo di corsi capaci di offrire prospettive equilibrate, di adottare la definizione operativa dell’IHRA come strumento di riferimento per identificare l’antisemitismo e di rendere più visibile la vita ebraica nei campus, attraverso la celebrazione pubblica delle festività, il ricordo della Shoah e la valorizzazione del contributo ebraico alla cultura europea.

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