
Pressata dal governo e al centro di dure polemiche per l’ondata di antisemitismo esplosa sul campus nell’ultimo anno, la Columbia University ha annunciato martedì una serie di misure per contrastare la discriminazione contro gli studenti ebrei. L’annuncio è arrivato tramite una mail della presidente ad interim Claire Shipman, che ha riconosciuto la gravità della situazione e le pressioni esercitate dall’amministrazione Trump, attualmente impegnata a rivedere i fondi federali destinati all’ateneo. Shipman, nominata presidente ad interim a marzo dopo le dimissioni di due predecessori travolti dalle polemiche, era stata inizialmente considerata più sensibile alle istanze degli studenti ebrei. Tuttavia, la fiducia in lei è stata messa a dura prova dopo la pubblicazione di messaggi in cui criticava un membro ebreo del consiglio di amministrazione dell’ateneo. Shipman ha poi chiesto scusa pubblicamente.
L’annuncio arriva a pochi giorni dalle dimissioni del professore israeliano Shai Davidai, divenuto simbolo della battaglia contro l’antisemitismo all’interno del campus. In una lettera pubblica, Davidai ha scritto di aver “perso ogni fiducia nell’istituzione e ogni rispetto per i propri colleghi”.
Tra le novità più rilevanti, l’adozione formale della definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) all’interno dell’Ufficio per l’Equità Istituzionale dell’università. Una mossa destinata a rafforzare, secondo Shipman, la capacità della Columbia di identificare e affrontare l’antisemitismo “moderno” in tutte le sue forme. La presidente ha inoltre annunciato la creazione di nuovi coordinatori per garantire la conformità alle leggi federali sui diritti civili che tutelano l’identità ebraica come gruppo protetto. I nuovi referenti avranno competenze sia in materia di consulenza sia di applicazione delle norme anti-discriminazione. Prevista anche l’introduzione di un programma di formazione obbligatoria su antisemitismo per studenti, docenti e personale, in collaborazione con l’Anti-Defamation League e la Foundation to Combat Antisemitism.
“Abbiamo tolleranza zero per ogni forma di discriminazione e molestia legata a caratteristiche protette, compresa l’identità ebraica e israeliana”, ha ribadito Shipman. L’università, inoltre, non riconoscerà più né intratterrà rapporti con la coalizione Columbia University Apartheid Divest (CUAD), il principale gruppo organizzatore delle proteste anti-Israele che hanno infiammato il campus lo scorso anno e che avrebbero dato spazio anche a numerosi episodi di antisemitismo. “Non dialogheremo con organizzazioni che promuovono la violenza o che interferiscono con la missione accademica dell’università”, ha dichiarato Shipman.
Alcuni studenti ebrei e membri della facoltà hanno accolto positivamente il cambiamento, pur giudicandolo insufficiente. “Questi sono frutti a portata di mano”, ha detto un docente ebreo dell’università, rimasto anonimo per timore di ritorsioni. “Non sono le vere cause del problema e non lo risolveranno”. Tra le richieste ancora non accolte figurano i cambi strutturali alla governance universitaria, accusata di proteggere i manifestanti che violano le regole del campus, e la revisione delle attività del Center for Palestine Studies, al centro delle critiche per le dichiarazioni del Prof. Joseph Massad, che definì “impressionante” l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.
Ari Shrage, co-fondatore della Columbia Jewish Alumni Association, ha definito il pacchetto di misure “una risposta superficiale dettata dal timore di perdere i fondi pubblici”. Più fiducioso invece Brian Cohen, direttore della Hillel di Columbia, che ha parlato di “un primo passo significativo verso un cambiamento duraturo”.