
La comunità ebraica di Sydney si è svegliata devastata dopo il peggior attentato antisemita in Australia negli ultimi 30 anni. Durante l’evento di Chabad “Hanukkah by the Sea”, sulla celebre Bondi Beach, due terroristi armati, Sajid Akram, 50 anni, e suo figlio Naveed, 24, hanno aperto il fuoco per oltre dieci minuti contro i partecipanti, tra cui centinaia di bambini. Quindici persone sono state uccise e più di quaranta sono rimaste ferite. Nel loro veicolo è stato trovato una bandiera dell’ISIS, insieme a ordigni esplosivi improvvisati.
L’attacco è iniziato alle 18:47: più di cinquanta colpi sparati dal ponte sopra il parco, dove oltre mille persone si erano radunate per accendere il primo lume di Hanukkah. Il terrore è proseguito fino alle 19:30, quando i due sono stati finalmente neutralizzati. A fermare uno dei terroristi è stato anche un civile, Ahmed al-Ahmed, proprietario di un negozio di frutta, che si è lanciato verso l’attentatore nonostante fosse stato colpito due volte.
Le vittime: volti e storie che raccontano un popolo
Tra i morti c’è il rabbino Habad Eli Schlanger, 41 anni, padre di cinque figli. Descritto come “pieno di vita, caloroso e sempre pronto ad aiutare”, era una figura centrale per la comunità. Solo poche settimane fa aveva celebrato la nascita del suo ultimo figlio.
Un’altra vittima è Dan Elkaim, 27 anni, ebreo franco-australiano e calciatore molto amato nella sua squadra, la Rockdale Ilinden. Gli amici lo ricordano come un ragazzo talentuoso e rispettato; la Francia ha confermato la sua morte definendo l’attentato “un’esplosione di odio antisemita”.
Tra i nomi che spezzano il fiato c’è Alexander Kleytman, 87 anni, sopravvissuto alla Shoah. Scampò ai nazisti e alle condizioni disumane in Siberia, ma l’antisemitismo lo ha raggiunto ancora una volta, questa volta con esito tragico. È stato ucciso mentre cercava di proteggere sua moglie, anch’essa ferita.
È stata identificata anche Matilda, una bambina di 10 anni, descritta come “luminosissima e piena di vita”. La più giovane tra le vittime, il simbolo più doloroso di un odio che non guarda età.
Altri nomi confermati: Reuven Morrison, uomo d’affari che dedicava i suoi profitti a cause caritative; Tibor Weitzen, 78 anni, ucciso mentre faceva scudo con il suo corpo per proteggere la moglie; il rabbino Yaakov Levitan, segretario del Bet Din di Sydney; e Peter Mieger, fotografo e veterano stimato del rugby locale.
Segnali ignorati, minacce note
Il servizio di sicurezza australiano (ASIO) seguiva Naveed Akram da sei anni per legami con una cellula dell’ISIS. Eppure l’attacco è avvenuto con una facilità sconcertante: i due hanno sparato indisturbati nonostante una stazione di polizia fosse a pochi metri dalla scena. La comunità ebraica aveva chiesto da anni maggiori fondi per la sicurezza, senza successo.
Secondo fonti di intelligence citate dal Telegraph, vi è la possibilità di un coinvolgimento di Iran e forse Hezbollah: il modo di operare, il coordinamento e gli armamenti ricorderebbero l’unità 910 dell’organizzazione libanese.
Un allarme globale
L’attacco ha generato timore in tutte le comunità ebraiche del mondo: a Londra, Parigi, Berlino e New York la sicurezza attorno agli eventi di Hanukkah è stata immediatamente rafforzata. In Australia, tutti gli eventi ebraici della settimana sono stati cancellati.
Il National Security Council israeliano ha messo in guardia gli israeliani all’estero dal rischio di “attentatori imitatori” e raccomanda di evitare eventi non protetti.
Luce nell’oscurità
In un paese considerato uno dei più sicuri al mondo, la violenza antisemita ha raggiunto anche “l’estremità del pianeta”. Eppure, accanto all’orrore, sono emersi coraggio, solidarietà e unità: civili che hanno corso verso il fuoco, soccorritori che hanno evacuato feriti per ore, una comunità che rifiuta di cedere alla paura.
Come ha scritto un leader ebraico di Sydney: anche nel buio più fitto, la luce di Hanukkah non si spegne.













