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    Roma, 3 lug. (AdnKronos Salute) – Le malattie non trasmissibili sono responsabili, a livello globale, di circa 36 milioni di morti, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità. Una buona parte di queste patologie – stimabili in due terzi – e dei conseguenti decessi, è attribuibile a rischi legati all’urbanizzazione. Le città ‘uccidono’ principalmente a causa di stili di vita scorretti come l’inattività fisica, responsabile di obesità e diabete, legate a loro volta al rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e tumori.

    Se ne è parlato all’undicesimo Italian Diabetes & Obesity Barometer Forum in corso oggi a Roma, promosso da Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata”, Health City Institute, Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, I-Com – Istituto per la Competitività e Cities Changing Diabetes, con il patrocinio di Roma e il contributo non condizionato di Novo Nordisk.

    Le malattie cardiovascolari – hanno ricordato gli esperti – rappresentano la principale causa di morte; assieme a tumori, diabete e disturbi respiratori cronici costituiscono oggi il principale rischio per la salute e lo sviluppo umano. “L’ambiente creato dall’urbanizzazione ha un forte impatto sulla salute dei cittadini”, dice Andrea Lenzi, presidente del Comitato di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della presidenza del Consiglio dei ministri e presidente dell’Health City Institute. “I dati che abbiamo a disposizione indicano però che solo un terzo del problema sia legato all’inquinamento atmosferico; ben i due terzi è correlato a comportamenti individuali che spesso lo stile di vita cittadino porta ad adottare e che mettono in serio pericolo la salute”.

    L’inattività fisica, infatti, causa 3,2 milioni di morti ogni anno, l’ipertensione 0,4 milioni, l’obesità è responsabile di 4,4 milioni di morti annui e l’inquinamento di 3,7 milioni. Non solo, da un’analisi dell’impatto sui sistemi sanitari in termini economici è emerso che l’inattività fisica è costata oltre 37 milioni di dollari nel 2013, tra spese sanitarie e perdita di produttività, il diabete è stato responsabile di un aumento della spesa sanitaria da 612 a oltre 1.000 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni e l’inquinamento atmosferico ha avuto un impatto sulla spesa sanitaria di 21 miliardi di dollari nel 2015.

    “Malattie come il diabete e l’obesità, responsabili anche di un aumento del rischio cardiovascolare, costituiscono un serio problema per le città”, dice Francesco Purrello, presidente Società italiana di diabetologia (Sid). “Basti pensare al fatto – continua – che il 65% delle persone con diabete vive in ambiente urbano e ben il 44% di tutti i casi di diabete tipo 2 è attribuibile proprio all’obesità e al sovrappeso, malattie legate soprattutto agli stili di vita scorretti. Questi dati sono ancora più preoccupanti se si considera che il rischio complessivo di morte prematura raddoppia ogni 5 punti di crescita dell’indice di massa corporea: una persona con diabete e sovrappeso ha quindi un rischio raddoppiato di morire entro 10 anni, rispetto a una persona con diabete di peso normale, e una persona con diabete e obesa addirittura un rischio quadruplicato”.

    C’è poi, aggiunge l’esperto, “quella che viene definita ‘diabesità’ è strettamente legata alla principale causa di morte in assoluto: le malattie cardiovascolari. Infatti, la prevalenza delle malattie cardiovascolari nel diabete, ossia il numero di persone con diabete che vanno incontro nella loro vita ad almeno un evento cardiovascolare, è del 23,2 per cento: in pratica una su 4”. Il problema non può più essere sottovalutato, “tanto più considerando la crescita costante della popolazione urbana mondiale, che ogni anno aumenta di circa 60 milioni di persone”, dice Domenico Mannino, presidente Associazione medici diabetologi (Amd). “Secondo l’International Diabetes Federation nei prossimi 25 anni 3 persone con diabete su 4 vivranno nelle città. Gli amministratori della città saranno sempre più in prima linea, nel collaborare con i medici. Importante può essere quindi la sinergia tra amministrazione cittadina, università, enti di ricerca e imprenditoria privata”.

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