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    Oggi Israele andrà al voto. A partire dalle sette di mattina fino alle dieci di sera, 6.788.804 elettori israeliani avranno l’opportunità di votare per eleggere la 25a Knesset, il Parlamento israeliano.

    Quest’anno sono 39 i partiti ammessi alla tornata elettorale, la quinta in poco più di tre anni. Per entrare alla Knesset i partiti dovranno superare la soglia di sbarramento del 3,25%, con la quale avranno diritto ad un minimo di 4 seggi. In queste elezioni sono diversi i partiti che rischiano di non riuscire a far parte della prossima legislatura. Secondo gli ultimi sondaggi, tra questi ci sono Meretz, Labour, Ra’am e Hadash-Ta’al, mentre due partiti sono molto al di sotto di essa, Yamina, ereditata da Ayelet Shaked dopo la decisione di Naftali Bennett di uscire dalla politica, e il partito arabo Balad. Per il loro ingresso in parlamento saranno fondamentali i dati dell’affluenza al voto.

    Il processo è a bassa tecnologia. All’interno della cabina elettorale, i cittadini saranno accolti da pile di foglietti di carta, ciascuno contenente da una a quattro lettere, che rappresentano il nome di un partito. Ad esempio, il Likud del leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu usa le lettere Mem-Het-Lamed (מחל), mentre il partito Yesh Atid del primo ministro Yair Lapid usa le lettere Pe-He (פה). Una volta scelto il foglio, l’elettore dovrà metterlo all’interno di una busta e infilarlo all’interno dell’urna.

    Il sistema di voto ormai collaudato permette allo Stato ebraico di mantenere l’integrità nel conteggio dei voti. Questo grazie al complesso sistema di supervisione composto da: segretario del seggio elettorale, impiegato del Comitato Elettorale Centrale, un comitato di tre sorveglianti affiliati al partito e un ispettore finanziato dallo Stato. Fuori dal seggio è dispiegato per tutta la durata delle elezioni, dall’apertura del seggio fino allo scrutinio, un agente di polizia.

    Orly Adas, direttore generale del Comitato elettorale centrale responsabile della gestione del voto e della sua integrità, ha spiegato come sia davvero difficile provare a manomettere il voto. Infatti votare due volte, ricorda il direttore, “è un reato penale, e ogni busta è tracciata”. Allo stesso tempo “non è possibile quando il voto e il conteggio sono manuali” truccare lo scrutinio in maniera sistematica.

    Dando un occhio ai sondaggi, anche questa volta, proprio come nelle ultime quattro tornate elettorali, il voto del 1° novembre è in una fase di stallo. Non sembra esserci un effettivo vincitore e nessuna coalizione che riesca a formare una coalizione stabile.

    Come nelle scorse campagne, anche questa si è trasformata in un referendum sull’ex e aspirante primo ministro Benjamin Netanyahu, che nonostante abbia una maggioranza ideologica di destra e religiosa di circa 70 parlamentari su 120, resta lontano dalla realizzazione di una coalizione unita. Questo perché gran parte dei leader politici si rifiutano di far parte di un governo guidato da Netanyahu, come nel caso di Gideon Sa’ar, Ayelet Shaked e Avigdor Lieberman. “King Bibi”, come lo chiamano i suoi likudnikim (gli elettori del Likud), si rivela essere il leader più amato e allo stesso tempo divisivo dello Paese.

    Il suo principale rivale politico invece, l’attuale primo ministro Yair Lapid, non è stato in grado durante questa lunga campagna elettorale di spiegare da chi sarà formata effettivamente la nuova coalizione. Ciò che Lapid farà sarà cercare di impedire ai rivali di formare un governo e quindi di rimanere premier fino alla sesta elezione.

    Ma la vera sorpresa di questa campagna è il partito di estrema destra HaTzionut HaDatit-Otzma Yehudit, guidato da Bezalel Smotrich e da Itamar Ben Gvir, che è passato dal solo 0,42% dei voti del 2020 a diventare probabilmente la personalità più importante in quello che secondo i sondaggi sarà il terzo partito della Knesset.

    Tuttavia, ormai da diversi anni i sondaggi elettorali israeliani risultano essere spesso molto imprecisi, per questo il voto, come nelle scorse quattro volte, sarà più incerto che mai.

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