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    Un sequestro di persona durato 100 giorni
    Si è molto e giustamente parlato sui siti e giornali ebraici (purtroppo molto meno su quelli generali) del centesimo giorno della guerra, si è ricordata soprattutto la lunghezza del terribile sequestro subito da centoquaranta persone fra cui molte donne e bambini, cui non è stato contestato alcun reato se non quello di essere ebrei; un rapimento e segnato a quel che si sa da violenze anche sessuali, fame, percosse, marchiature a fuoco, guerra psicologica e altre atrocità. Sono orrori che vanno denunciati ogni giorno, anche perché della sorte dei rapiti, come delle vittime del 7 ottobre ormai si interessano in pochi fuori dal popolo ebraico e dei suoi amici più cari.

    Chi è responsabile del conflitto e delle distruzioni?
    Ma vale la pena di aggiungere alcune considerazioni in risposta a domande e contestazioni che riceviamo ormai più spesso della solidarietà. La questione, in sostanza è una: si poteva fare altrimenti? Si poteva evitare questa guerra? È possibile ancora oggi sospenderla e cercare di alleviare le sofferenze che essa ha provocato? La risposta è chiara. Sì, questa guerra poteva essere evitata. Se qualcuno dalla parte dei terroristi e della maggioranza dei palestinesi che secondo i sondaggi li sostiene da anni e ancora continua a sostenerli, si fosse opposto al bombardamento, all’invasione e al massacro del 7 ottobre, la guerra non ci sarebbe stata, i rapporti fra Israele e Gaza sarebbero continuati come negli ultimi mesi, con normali ingressi di merci e finanziamenti nella Striscia, lavoratori arabi ammessi a lavorare da pendolari in Israele e naturalmente nessun reparto militare in azione, nessuna missione dell’aviazione e della marina militare, nessuna famiglia costretta a sfuggire i combattimenti. Nessun morto, da una parte e dall’altra, Ma c’è chi ha scelto, programmato, iniziato questa guerra: sono i terroristi, non Israele.

    Si poteva evitare la guerra?
    La seconda risposta è che si, si sarebbe potuto evitare l’orrore del 7 ottobre e quel che ne è seguito, se i servizi di sicurezza non si fossero fidati troppo dell’apparente scelta di convivenza dei palestinesi e avessero continuato a prendere le precauzioni d’uso, se non si fossero affidati alle barriere elettroniche ma alla presenza militare, se avessero ascoltato chi dava l’allarme. Non è la colpa di aver voluto l’orrore, che è solo dei terroristi, ma è stata una grave inefficienza, che dopo la guerra sarà debitamente indagata.

    Perché non si può fermare
    La terza risposta è che no, una volta avvenuta la strage non si poteva evitare la guerra, se si voleva che Israele continuasse a esistere e che i suoi cittadini non fossero ancora sterminati. Di fronte a un massacro del genere e alla dichiarata volontà di ripeterlo anche al Nord e in Giudea e Samaria, fino alla distruzione dello stato ebraico e dei suoi abitanti, non c’era alternativa allo smantellamento totale della struttura terrorista. Un’operazione parziale come quelle degli scontri precedenti prodotti dai terroristi (nel 2006, 2008, 2012, 2014,2021) non sarebbe servita se non a rimandare di qualche tempo il rinnovarsi di una strage analoga. Ed è no anche la quarta risposta: Israele non poteva e non può interrompere l’operazione prima della sua fine, non deve permettere a Hamas di riconquistare il dominio sulla Striscia, di ricostruire le sue istallazioni belliche, di rifornire i suoi arsenali, cosa che avverrebbe certamente e in un tempo anche piuttosto limitato grazie all’appoggio dell’Iran, del Qatar, della Turchia. Si tratta per Israele di una questione di vita e di morte. Se dopo questi cento giorni ce ne vorranno altri cento o ancora di più, se nella guerra entrerà il Libano dominato da Hezbollah, movimento terrorista come Hamas ma solo meglio armato e organizzato, ciò non dipenderà dai “coloni” né dalla carriera politica di Netanyahu, come insinuano i nemici di Israele, ma dalla sfida esistenziale che l’Iran e i suoi burattini hanno deciso di imporre allo Stato ebraico.

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