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    Tra le storie che si raccontano sugli artisti non ancora famosi e squattrinati, ci sono quelle dei supporti più strani utilizzati per creare opere. Non di rado i conti dei ristoranti sono stati pagati con disegni sul menù, come anche quelli di sarti e alloggi con opere estemporanee realizzate su fogli trovati sul momento.

    Anche Amedeo Modigliani a Parigi nel 1917 dipinse su uno spazio inusuale. Ciò che lo spinse non era la miseria, che certo non mancava, ma un dispetto. In quel momento non era ancora riconosciuto come uno dei maestri del novecento, né tantomeno viveva un’esistenza agiata che era legata soprattutto al sostentamento mensile che gli arrivava dal mercante Leopold Zborowski, che lo seguì fino agli ultimi giorni di vita. 

     

    Modigliani per un certo periodo dipingeva – dalle due alle sei del pomeriggio – in una stanza nell’appartamento di Zborowski e di sua moglie Hanka. Nonostante la sua situazione precaria, l’artista italiano aveva caldamente raccomandato al mercante di inserire tra i suoi protetti un altro artista ebreo Chaïm Soutine, ma Zborowski non ne voleva sapere forse e soprattutto per l’antipatia che ne aveva la moglie. Fu così che un giorno Modigliani dipinse un ritratto di Soutine a grandezza naturale sulla porta del salotto dei due. Naturalmente non era di gradimento della signora che avrebbe dovuto vedere più volte al giorno il ritratto di una persona poco gradita. Un tentativo di ricordare la presenza del collega bielorusso, che faticosamente riuscì più tardi a farsi strada anche grazie a Zborowski.

     

    Quella porta fastidiosa è diventata un pezzo da museo, ma più che un giocoso dispetto fu forse un gesto di aiuto di Modigliani per un amico in difficoltà. Perché un artista in povertà non lascia mai da solo un amico ancora più disgraziato.

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