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    L’universo dei manoscritti antichi ebraici è vasto, ma spesso non abbastanza esplorato. Testi antichissimi che rivelano secoli di storia e di tradizione con il potere di trasformarsi in veri e propri pezzi d’arte dal valore inestimabile. Shalom ha intervistato Angelo Piattelli, studioso ed esperto di stampe e manoscritti ebraici, per tentare di comprendere ed entrare in questo mondo affascinante e prezioso.

     

    Come ha iniziato ad interessarsi al mondo dei manoscritti?

     

    Nel 1987, l’allora Presidente dell’Ucei, Tullia Zevi, volle promuovere con grande tenacia la creazione del Centro Bibliografico dell’Ebraismo italiano, per ospitare alcune biblioteche di comunità ebraiche, tra cui quella di Firenze, reduce dell’alluvione del 1966, quella del Collegio Rabbinico Italiano e altre ancora. In quegli anni Tullia Zevi cercò studenti del Collegio rabbinico che sapessero catalogare l’immenso patrimonio ebraico raccolto a Roma, nel nuovo Centro. Io ero appena tornato da Israele, dove, dopo un anno di hakhshara del Bene Akiva (centro giovanile ebraico) e mi unii subito al piccolo gruppo che si era già formato, composto da Giorgio Foa, Amedeo Spagnoletto e Serena Terracina. Poi alcuni di noi continuarono il lavoro di catalogazione e di preparazione, studiando Biblioteconomia presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Un’estate partecipammo a corsi di aggiornamento diretti dagli esperti della Biblioteca Nazionale di Gerusalemme. Conoscemmo dunque tutti i più noti studiosi del libro ebraico. Dopo qualche anno, il direttore dell’Istituto Israeliano di Bibliografia mi offrì un posto di ricercatore che accettai con entusiasmo e mi trasferii subito a Gerusalemme. Successivamente diventai l’esperto di Judaica di diverse case d’asta, tra cui la Sotheby’s Israele ed Europa. Attualmente sono il curatore di due importanti collezioni private e l’esperto di manoscritti e stampe antiche della casa d’asta Kedem di Gerusalemme. Sono molto fortunato perché ho trasformato l’amore e la passione per il libro ebraico in una professione che mi da molte soddisfazioni.

     

    Quanto è vasto il mondo dei manoscritti ebraici? In particolare, di quelli italiani?

     

    Il mondo dei manoscritti ebraici è vastissimo, perché comprende in realtà numerosissime discipline di studio: dalla storia del libro come mezzo di trasmissione culturale nel mondo ebraico, la codicologia e la paleografia (comparata con la storia della produzione libraria in genere), la storia dell’arte (per i manoscritti miniati o illustrati) e ovviamente la ricerca sui testi di epoche e argomenti diversissimi (dagli stuti biblici, liturgici, talmudici e di Halachah, sino all’indagine di testi filosofici, letterari e scientifici), che coprono praticamente tutto lo scibile ebraico e si intersecano continuamente con la cultura generale (basti pensare ai testi filosofici e scientifici scritti da autori greci o arabi e tradotti in ebraico o testi ebraici tradotti poi in altre lingue che ebbero un ruolo rilevante nella storia culturale europea).

     

    Nel 1950, per iniziativa di David Ben Gurion venne inaugurato l’Institute for Jewish Microfilmed Hebrew Manuscripts che da allora raccoglie riproduzioni (microfilm e copie digitali) di oltre 100,000 manoscritti ebraici provenienti da oltre 600 differenti collezioni. Uno strumento formidabile di ricerca per gli studiosi e per i cultori della materia, che possono indagare i testi più disparati, confrontando manoscritti e collazionando i diversi testimoni pervenutici, virtualmente riuniti in una sola sala di lettura. Si tratta di manoscritti medievali e post medievali, copiati tra la fine dell’IX secolo fino ad epoche più recenti. Tra questi quelli italiani sono tra i più pregiati e ambiti. Va detto poi che oltre ai manoscritti vergati e prodotti nell’Italia ebraica, molti altri di origini sefardite, ashkenazite, romaniote, levantine ecc., spesso hanno comunque avuto qualche legame con l’Italia: ci sono manoscritti miniati in Italia anche se copiati altrove, posseduti da famosi rabbini italiani o collezionisti, censurati in Italia e così via.

    Potrebbe raccontarci alcuni esempi dei manoscritti più antichi e dove essi si trovano?

     

    Per fare qualche esempio possiamo ricordare uno dei manoscritti ebraici italiani più antichi: la copia più antica esistente del Sifrà (uno dei Midrashim classici) completato nel 1072-73, probabilmente in Puglia, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana oppure tra i codici miniati più noti e pregiati, la miscellanea Rothschild, prodotta con ogni probabilità, in Veneto nella seconda metà del Quattrocento, per iniziativa di ebrei ashkenaziti stabilitisi nell’Italia settentrionale.

     

    Come accennavo prima, esistono al mondo diverse centinaia di collezioni pubbliche e private che custodiscono manoscritti ebraici. Tra gli istituti più importanti e famosi possiamo ricordare in Inghilterra la Bodleian Library di Oxford e la British Library, negli Stati uniti, la Jewish Theological Seminary Library, in Russia la Russian State Library di Mosca (che conserva la collezione del barone D. Guenzburg e la collezione A. Firkovitch). La Biblioteca Nazionale di Parigi possiede un’ottima raccolta. In Italia la più ricca ed importante raccolta è senz’altro quella della Biblioteca Palatina di Parma.

     

    Quanto è facile oggi falsificare manoscritti ebraici? E soprattutto come mai, secondo lei, vengono realizzati tanti falsi?

     

    Ogni tanto ricevo messaggi di persone che offrono in vendita antichissimi reperti trovati casualmente in grotte, o in occasione di scavi o restauri in Libia, in Iraq o in Giordania. Proposte simili vengono presentate ripetutamente anche a colleghi a biblioteche specializzate. Generalmente si tratta di falsi piuttosto rozzi e grossolani. I contraffattori usano immagini di manoscritti miniati reperibili in internet, riprodotti su pelli scure, spesso accompagnati da testi o lettere assolutamente incomprensibili. Le ragioni sono evidentemente di ordine speculativo, o meglio sono tentativi di frode. Oltre a questo tipo di falsi, che si riconoscono facilmente, ci sono anche contraffazioni più sofisticate. Ad esempio, qualche tempo fa venne venduta in asta una ketubbah (contratto matrimoniale ebraico) fiorentina del 1702 con delle miniature di stile rinascimentale. Osservando bene il testo mi sono reso conto che qualcuno aveva riprodotto una ketubbah autentica, ma aveva aggiunto illustrazioni. Dopo qualche tempo, mi sono imbattuto nell’originale, che aveva ispirato i falsari: la ketubbah fiorentina del 1702 senza le illustrazioni (conservata nella biblioteca nazionale di Gerusalemme).

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