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    Non è sempre facile raccontare le vicende del popolo ebraico, Pierre Savy con il suo “Storia mondiale degli ebrei” (Editori Laterza) decide di farlo offrendo al lettore un viaggio nella storia; una storia complessa, talvolta dolorosa, ma sorprendentemente ricca. Migrazioni, guerre, violenze e soprusi, ma anche integrazione, partecipazione e riconoscimenti. Questo saggio storico corale, non è solo un libro, ma è la sfida di dar voce ai personaggi e alla storia di un popolo che ha resistito e resiste ogni giorno, a qualsiasi avversità. Il libro è stato presentato presso Palazzo Firenze sede della società Dante Alighieri, alla presenza di numerosi ospiti, tra cui Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni. Shalom ha intervistato l’autore, Pierre Savy, direttore degli studi per il Medioevo presso l’École française di Roma, che ha condiviso molto sull’ebraismo in e su questo testo monumentale.

     

    Sfogliando il suo libro sembra quasi di osservare dei fotogrammi in sequenza, dove nasce l’idea di scrivere un libro che ripercorre quasi tutta la storia ebraica?

     

    Assolutamente, mi sembra perfetto procedere con questa metafora dei fotogrammi. Sebbene ci siano comunque delle discontinuità tra questi fotogrammi, l’idea editoriale era proprio creare dei focus su alcune date in particolare. L’idea nasce nel mio spirito un po’ di tempo fa, precisamente circa 15 anni fa, il fine era di proporre un’ottima divulgazione ma soprattutto un libro accessibile a tutti su un argomento di grande attualità sia scientifica che civica. Il posto degli ebrei, la condizione degli ebrei nel mondo contemporaneo, che sia in Italia, in Francia o in Israele. Un testo per approfondire e parlare di problematiche molto discusse. Forse, quello che faccio è proporre ai lettori un insieme di informazioni giuste, di interpretazioni diverse ma che comunque offrono un quadro molto ricco e nutrito della storia ebraica. Il tutto senza limiti, o forse l’unico limite presente è che la grande storia ebraica non comincia dal principio, dunque dalla Genesi biblica, bensì 1200 anni prima  dell’Era Volgare. È un progetto molto ampio, scritto da molti autori, di cui io sono il curatore. Il testo è infatti composto da tre parti: antichità, medioevo e età moderna, ed infine l’era contemporanea. Attorno a tutto ciò ci sono circa 70 contribuiti di altri autori, specialmente nella versione italiana. Si tratta di un lavoro collettivo, un vero mosaico.  

     

    Un libro di questo genere è un libro destinato solo ad un pubblico “del settore” come storici o accademici, o è un testo fruibile a tutti?

     

    È assolutamente il contrario, non per chi è “del settore”. Tuttavia, penso che anche uno storico che si occupa di un’altra epoca, aprendo questo libro possa trovare delle informazioni nuove sull’ebraismo. Ci sono date molto specifiche, come ad esempio il 1920, quando in Ungheria viene promulgata la prima legge antisemita. C’è una diversità di spazi, di temi, casi, e di tempi tale che anche gli storici e gli archeologi possono imparare qualcosa di nuovo. Il primo target editoriale però è quello del grande pubblico. I testi sono tanti, ma brevi, c’è giusto una piccola bibliografia, ma sono testi pensati espressamente per esser fruibili in maniera scorrevole a tutti.

     

    Nel libro c’è una parte dedicata alla Comunità Ebraica di Roma, una comunità forse atipica che può vantare una presenza ininterrotta nella città. Quanto è importante raccontare oggi della “Roma Ebraica”?

     

    Credo che sia nell’edizione italiana, che in quella francese, ci sia una grande attenzione per l’ebraicità italiana e in particolare quella romana. La prima parola che mi viene in mente pensando al grande interesse storico per la Comunità Ebraica di Roma è proprio quella che abbiamo pronunciato poc’anzi: ininterrotta. In una prospettiva europea, è importante e interessante questa continuità della presenza ebraica a Roma. Questo, ad esempio, non è il caso della Francia, sebbene forse oggi la comunità sia molto più numerosa di quella italiana, non esiste nessun’altra comunità con una presenza così lunga nello stesso luogo, addirittura prima dei cristiani. È un tema interessante analizzare la Roma ebraica specialmente per comprendere quanto le origini e la storia europea sia complessa e possieda una diversità culturale. Gli ebrei romani ormai sono un’attrazione sotto ogni punto di vista, anche ad esempio per motivi turistici. Quanti ebrei parigini si sposano all’interno del Tempio Maggiore? Quanti vengono a mangiare nell’ex ghetto? Inoltre, è importante sottolineare che a Roma, c’è un senso di antisemitismo meno aggressivo rispetto alla realtà francese, o ad altre realtà europee. Vivere liberamente una vita ebraica, per come la vedo io, è possibile nella Capitale.

     

    L’antisemitismo in Europa è un’emergenza tangibile, dalla Polonia alla Francia. La letteratura può ancora essere “un antidoto” contro l’ignoranza e gli stereotipi?

     

    Spero proprio di si. Questa capacità di alcuni media, o anche di alcuni uomini politici, di divulgare fake news e di convincere fette importanti della popolazione di cose sbagliate fa impressione. C’è una piccola possibilità che questo libro apra uno spiraglio in chi non conosce determinate cose. È importante provare a fare ciò che possiamo per combattere l’ignoranza, ad esempio condividendo notizie vere, con Shalom dunque attraverso la stampa, con un libro divulgativo come questo, o con delle conferenze mirate. A tal proposito, mi viene in mente una voce, una nota presente nel libro, come quella dedicata a Debora Ascarelli, conosciuta dagli studiosi ma meno dal grande pubblico. Una donna ebrea del ‘600 colta e letterata, penso che anche questo sia un modo di elogiare e valorizzare l’esperienza ebraica italiana, facendo conoscere al mondo la storia ebraica non solo attraverso le persecuzioni ma soprattutto grazie ai momenti di ricchezza culturale. I libri possono “guarire” la società? Non lo so, sono perplesso a tal proposito, però la possono migliorare, questo si.

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