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    Raz Zimmt è un ricercatore dell’Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale (INSS) dell’Università di Tel Aviv, uno dei maggiori esperti israeliani in politica e strategia iraniana. Di se stesso ama dire che fisicamente vive in Israele, ma virtualmente sta sempre in Iran. “Shalom” lo ha intervistato per avere un quadro della situazione della maggiore sfida politica e militare cui deve fare fronte oggi Israele.

     

    Raz Zimmt, perché l’Iran vuole distruggere Israele?  Perché gli ayatollah investono tante energie contro uno stato con cui non hanno neanche un confine in comune?

     

    “Ci sono tre ragioni. Una è ideologica e religiosa. Il regime iraniano crede che gli ebrei siano solo uniti dalla religione e non siano un popolo. Dicono di non avere nulla contro gli ebrei, ma considerano il sionismo una congiura imperialista, Israele un’entità abusiva piantata in mezzo al mondo islamico per indebolirlo. La seconda ragione è geopolitica. Israele è il loro maggior rivale nella regione in termini di potenza economica e militare, il principale ostacolo alla loro egemonia. La terza ragione è propagandistica: nel mondo arabo e musulmano c’è ancora una diffusa animosità nei confronti di Israele, e chi mostra di combatterlo gode di molta popolarità. Israele è il nemico per eccellenza, insieme agli Stati Uniti; ma con gli Usa l’Iran ha accettato di venire a patti, con Israele non intende farlo.”

     

    Può cambiare questo atteggiamento?

     

    “Non credo; è sbagliato farsi illusioni in merito. E’ fra le basi del loro progetto politico”

     

    È possibile che gli ayatollah siano rovesciati?

     

    “Questo non lo sa nessuno. Dentro il paese ci sono evidenti tensioni sociali etniche e politiche. I giovani sono ostili al regime. La crisi economica è pesante. C’è un movimento di rifiuto, da non confondere con il groppo che i media chiamano moderato, che non è una vera opposizione. Ma il regime è forte e unito, ha la fiducia del corpo militare più potente, le Guardie Rivoluzionarie, mentre le forze contrarie sono poco organizzate, non riescono a mobilitare i milioni di persone che servirebbero. Insomma, se domani mi dicessero che il regime iraniano è caduto, potrei dirne il perché, ma non credo che qualcuno oggi possa sapere se e quando questo accadrà. Anche la politica di massima pressione economica dell’amministrazione Trump, che mirava a scardinare il regime, è in sostanza fallita. Per questo oggi gli Usa cercano un’altra strada.”

     

    Questo è il problema. Perché prima Obama e ora Biden abbandonano gli alleati tradizionali come Israele, per cercare di accordarsi con l’Iran?

     

     “Non direi che gli Usa vogliono cambiare alleanze. Per Biden oggi altri temi sono più importanti, il Covid, la Cina… C’è accordo negli Usa come in Israele per impedire all’Iran di avere armi atomiche. Il dissenso è su come arrivarci. La politica della massima pressione e l’abbandono dell’accordo JCPOA (The Joint Comprehensive Plan of Action ) da parte di Trump puntava a far cambiare politica all’Iran ed è fallito. L’amministrazione Biden si limita a voler rimandare il problema e pensa che il modo più efficace sia diplomatico. Il vecchio accordo  doveva durare una quindicina d’anni, il che è poco in termini assoluti, ma è più di quanto si possa ottenere con altri mezzi. E’ probabile per esempio che un bombardamento delle istallazioni iraniane porterebbe solo a un rinvio di un anno o due. Oggi si tratta di vedere se è possibile espandere i termini e allargare i temi dell’accordo, per esempio ai missili”

     

    Alcuni dicono che l’Iran abbia già la bomba…

     

    “Non credo proprio. Non si comporterebbero come fanno. Non penso neanche che vogliano avere in mano immediatamente l’armamento nucleare. Probabilmente a loro per il momento basta giungere  molto vicino, far sapere che possono arrivarci  nel giro di qualche settimana o mese, per usarla come uno strumento di pressione e di assicurazione politica.”

     

    Che cosa dovrebbe fare Israele?

     

    “Innanzitutto non opporsi frontalmente all’America. Noi non siamo uno stato satellite, possiamo avere seri dissensi con la politica americana, dobbiamo badare da soli alla nostra sicurezza, ma l’alleanza con gli Usa è fondamentale. In secondo luogo bisogna rendersi conto che la sfida con l’Iran e sfaccettata, fatta di molti temi e molti livelli, ognuno dei quali richiede una politica adatta. I problemi principali oggi sono due. Uno è quello nucleare. In Israele siamo tutti d’accordo per impedire all’Iran l’accesso all’armamento atomico,si discute sul modo. Secondo me l’opzione più razionale in questo momento è quella diplomatica e non militare.”

     

    Ma sul terreno c’è già un continuo scontro militare.

     

    “Sì, questo riguarda la Siria, in parte il Libano dove l’Iran arma Hezbollah e altri luoghi. Io non credo che si possa convincere l’Iran a mutare politica e a smettere di cercare di assediarci. Penso che dobbiamo contrastarlo con la forza, come stiamo facendo da molti anni.”

     

    Insomma la situazione è destinata a restare più o meno come è oggi.                                                                

     

    “Per quanto può vedere un analista come me sì. Ogni idea di far cambiare rotta all’Iran, con le armi o la pressione o la convinzione è solo fantasia, desiderio. La politica iraniana cambierà solo con un mutamento di regime. Ma questo non dipende da noi, solo dal popolo iraniano.”

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