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    Si è tenuta ieri, 6 novembre 2019, presso la Casa di Riposo Ebraica, un evento in onore di Lello Di Segni, sopravvissuto alla Shoah. Molte le persone presenti per omaggiarne la memoria, tra cui i parenti Roberto Di Segni, figlio di Lello, e Daniele, il nipote, che hanno raccontato con affetto i loro ricordi personali.

     

    Il vice presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruben Della Rocca, ha confessato come sia difficile parlare ai propri figli della Shoah, ma ricorda come “per la nostra generazione raccontare la Shoah sarà una grande sfida. È un impegno che trasmetteremo ai nostri figli e loro ai nostri nipoti”.

     

    È dello stesso pensiero David Barda, Presidente della Casa di Riposo Ebraica, che afferma il bisogno di “impegnarci a trasmettere la memoria a noi stessi”“lavorare molto sui nostri ragazzi e su chi non lo ha vissuto sulla pelle della propria famiglia”.

     

    Fabio Gai, presidente dell’Associazione Medici Ebrei, ha coordinato la serata tra i numerosi interventi tra cui quello del figlio Edoardo Gai, medico, che ha raccontato la storia di Lello Di Segni tramite le pagine del libro “Buon sogno sia lo mio” uscito nel 2008: “Lui che è stato ad Auschwitz e trasferito poco dopo a Varsavia. Lui che è stato a Dachau, Allach e Bergen Belsen. Lui che ha perso mamma e fratelli dentro a un forno crematorio. Lello credeva morto anche suo padre e invece è tornato qualche tempo dopo di lui. Era la sua pietra salda, la sua colonna portante dove poter ricominciare a vivere.”

     

    Tra i presenti anche Mario Venezia, Presidente della Fondazione Museo della Shoah e figlio di Shlomo Venezia, che ha annunciato con grande emozione una notizia fresca:“Sono anni che esistono le pietre d’inciampo. Abbiamo voluto fare in modo che ce ne fosse una anche per Lello e così sarà”. Il 13 gennaio 2020 alle ore 9.30, infatti, verrà deposta una pietra dedicata a Lello davanti al portone della sua casa in portico d’ottavia.

     

    Una serata emozionante di racconti e testimonianze sulla vita di Lello durante la deportazione e nel dopoguerra. Molto toccante l’intervento di Rav Roberto Della Rocca che ha raccontato la storia del sacrificio di Isacco e, parlando di Shoah, ha raccontato come “portarsi dentro questa ferita non significa vivere una celebrazione retorica ed essere ostaggi di questo dramma. Bisogna scendere da questa montagna e affermare la propria vita. Ciò si fa studiando Torah e costruendo delle famiglie ebraiche. La più grande risposta a chi ci voleva morti”.

     

    Questo evento ha voluto tener viva la memoria dell’ultimo superstite della retata del 16 ottobre 1943. Un adolescente che ha sofferto molto, diventando grande fin troppo presto. Lo si ricorda come credente, romanista sfegatato. Si narra la sua storia, tutto l’inferno subìto sino all’arrivo della tanto desiderata libertà.

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