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    Parashà di Nòach: Chi ha la mitzvà di avere figli?

    Nella Torà è scritto che dopo il Diluvio “Dio benedisse Noè e i suoi figliuoli, e disse loro: Crescete, moltiplicate e riempite la terra” (Bereshìt, 9:1). Nel settimo versetto dello stesso capitolo è ripetuta una frase quasi uguale: “Voi dunque crescete e moltiplicate; spandetevi sulla terra, e moltiplicate in essa”. 

    Rashì (Troyes, 1040-1105) commenta che il primo versetto è una benedizione che gli esseri umani siano prolifici. Il secondo versetto è invece il comandamento di avere figli. 

    Il Nachmanide (Girona, 1194-1270, Acco) spiega che sia il primo versetto di questo capitolo sia quello nellaparashà di Bereshìt (1:28) rivolto ad Adamo ed Eva  (“Dio li benedisse Dio disse loro: crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e rendetevela soggetta…”) sono benedizioni e non comandamenti.

    Nel trattato talmudico Yevamòt (65b) anche le Tosafòt affermano che le parole crescete e moltiplicatevi  rivolte ad Adamo ed Eva erano una benedizione e non un comandamento. Pertanto non si può imparare che si trattava di un comandamento di procreare che obbligava sia l’uomo che la donna. 

    R. Meir Simcha Hakohen (Lituania, 1843-1926, Lettonia) nel suo commento Meshekh Chokhmà afferma invece che si poteva trattare di un comandamento sia per l’uomo che per la donna. Tuttavia questo valeva solo prima che Adamo ed Eva commettessero il primo peccato, quando gravidanza e parto erano senza sofferenze. Dopo il peccato ad Eva fu detto: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli” (Bereshìt, 3:16). Per questo motivo la Torà non comanda alla donna di procreare e il comandamento vale solo per l’uomo. 

    La discussione nel succitato passo del trattato Yevamòt inizia con una mishnà nella quale è detto: “La mitzvàdi crescere e moltiplicarsi vale per l’uomo ma non per la donna”. R. Yosef deduce che si impara questo comandamento dal seguente versetto rivolto al patriarca Ya’akòv nel quale il comandamento è al singolare solo per Ya’akòv : “Dio gli disse: Io sono Dio onnipotente. Sii fecondo e diventa numeroso, popolo e assemblea di popoli verranno da te, re usciranno dai tuoi fianchi (ibid, 35:11). 

    Nella successiva discussione viene raccontato che Rabbi Chiyà aveva due figli gemelli, Yehudà e Chizkiyà. Uno era nato al settimo mese e l’altro al nono mese. Yehudit, la moglie di rabbi Chiyà,  aveva sofferto molto per questi parti. Si vestì in modo che il marito non la riconoscesse e venne da lui chiedendo se la Torà obbliga la donna a osservare alla mitzvà di crescere e moltiplicarsi. Rabbi Chiyà rispose che questa mitzvà vale solo per l’uomo e non per la donna. Non volendo avere sofferenze per la gravidanza e il parto, la moglie di Rabbi Chiyà prese una pozione anticoncezionale. 

    Nella Ghemarà non è raccontato quale fosse la pozione anticoncezionale usata dalla moglie di Rabbi Chiyà. Sappiamo però da Plinio il Vecchio (Naturalis historia. XIX:38-46 e XXII:100-106) e da altre fonti che in antichità il silfio (in latino laserpicium) che cresceva a Cirene veniva usato anche a questo scopo ( http://etheses.dur.ac.uk/3166/1/3166_1191.pdf  pag. 29). 

    Il Maimonide (Cordova, 1138-Il Cairo, 1204) codifica quanto insegnato nella Ghemarà e scrive che il comandamento di procreare vale per l’uomo e non per la donna e la mitzvà viene soddisfatta quando si ha almeno un maschio e una femmina (Mishnè ToràHilkhòt Ishùt, cap 15, 1-4).

                

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