Skip to main content

Scarica l’ultimo numero

Scarica il Lunario 5784

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati

    La prima sconfitta parlamentare di Bennett mette in dubbio la tenuta del governo

    Sono bastate tre settimane dalla formazione del governo Bennett (23 giugno) per certificare, con la prima votazione parlamentare importante, che la crisi politica israeliana non è affatto conclusa. La questione in gioco era il prolungamento di una legge che stabilisce un’eccezione al principio dei ricongiungimenti familiari, per cui i coniugi di cittadini israeliani hanno diritto a ottenere lo status di residenti e quindi a soggiornare a tempo indeterminato nel paese. Questa eccezione riguarda in particolare i cittadini dell’Autorità Palestinese. È una disposizione provvisoria, che deve essere rinnovata ogni anno e serve soprattutto a evitare ingressi truffaldini e pericolosi. Negli ultimi anni la legge era sempre stata fatta passare facilmente dalla maggioranza di centrodestra, in particolare dal Likud, mentre era osteggiata dall’estrema sinistra di Meretz e dai partiti arabi.

     

    Ora però la nuova maggioranza di governo (che è sempre sul filo del rasoio, la fiducia alla formazione del governo è stata approvata per 61 voti a 59) va dall’estrema sinistra ai partiti arabi al centrosinistra di Lapid e Gantz fino alla destra di Bennett e dunque su molte questioni come questa non ha una posizione comune. La condizione necessaria per la formazione di un governo così disomogeneo, imposta a tutti da Yair Lapid, l’uomo forte della maggioranza, è stata di evitare di discutere dei problemi divisivi, che però sono quasi tutti quelli importanti. Alla base del governo non vi è né un consenso ideologico né un accordo generale, ma solo compromessi su alcune singole questioni, per lo più poco problematiche: costruzione di università e ospedali, riorganizzazioni organizzative, ecc. Sulle altre questioni ogni parte della maggioranza si comporta come crede.

     

    Così è andata anche sul problema della legge dei ricongiungimenti familiari. Bennett e il suo partito l’ha proposta e appoggiata, ottenendo l’accordo delle componenti di centrosinistra, ma il rifiuto degli arabi e di Meretz. Il nuovo primo ministro sperava, o meglio pretendeva che la destra desse il suo appoggio alla legge, perché l’aveva votata in passato. Ma le leggi sono atti politici, che dipendono dal contesto parlamentare. Perciò Bennett non ha nemmeno cercato di aprire una trattativa col Likud e ha cercato la prova di forza, ma i parlamentari di destra sono rimasti compatti all’opposizione.

     

    Una regola fondamentale delle democrazie parlamentari, in Israele come in Italia e altrove, è che la vita di ogni governo è affidata all’autosufficienza della maggioranza. Salvo casi molto particolari, in genere non politici, che implicano la possibilità dell’obiezione di coscienza, o di autentica emergenza, la maggioranza deve far passare le leggi che propone con le sue forze. Se ciò non accade su casi importanti è segno che la maggioranza non tiene e che il governo è destinato a cadere. Sulla base di questo principio e di questa speranza la destra si è rifiutata di fare da “ruota di scorta” della maggioranza che l’ha esclusa e ha votato contro la legge, bocciandola. A nulla è servita una trattativa molto spregiudicata in cui il braccio destro di Bennett, il ministro degli interni Ayelet Shaked, ha cercato di procurarsi i voti degli arabi di Ra’am e della sinistra di Meretz, promettendo loro 3000 visti per cittadini dell’Autorità Palestinese. Questo mercato ha convinto solo due deputati di Ra’am e però ha disgustato un parlamentare del partito di Bennett che ha votato contro.

     

    Bennett, invece di prendersela con i suoi compagni di governo che non hanno sostenuto la sua prima legge importante, ha polemizzato l’opposizione che non ha accettato di sostituirli. Ora, avendo perso già due volte con questa legge (in commissione e poi in aula), ha dichiarato di volerla ripresentare. È possibile che riesca alla fine a farla passare, Ma il problema non è questa legge, bensì il problema molto più fondamentale, di un paese che ha bisogno di essere governato, di fare scelte strategiche chiare, di formulare piani a lunga scadenza e che è governato da una maggioranza divisa nei progetti e nei valori, incapace di trovare accordi o anche solo compromessi sui temi di fondo. Alla prossima prova importante è possibile che ci siano altre dissidenze, altre polemiche, altre paralisi. La crisi politica israeliana, purtroppo, non accenna a finire.

    CONDIVIDI SU: