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    In Israele gli antropologi collaborano all’identificazione delle vittime del 7 ottobre

    Nella strage compiuta dai terroristi di Hamas il 7
    ottobre, alcuni corpi delle persone assassinate sono stati ridotti a pochi
    frammenti di ossa e cenere, complicando il triste compito di identificazione
    delle vittime che viene svolto da squadre di esperti.

    Il Centro Nazionale di Medicina Forensica ha deciso
    di rivolgersi a due antropologi, il Professor Hershkovitz e la dottoressa Hila
    May della Tel Aviv University, noti per uno studio pubblicato due anni in cui
    annunciavano la scoperta di un nuovo uomo preistorico, l’Homo Nesher Ramla.

    Il Professor Hershkovitz è stato intervistato da
    Ynet News a proposito del difficile compito di identificazione delle vittime e
    dei dispersi i cui corpi sono stati a volte bruciati. Alla testata israeliana
    il professore ha spiegato che ricorre al processo di oteobiografia, assemblando
    il profilo biologico di un individuo a partire da un frammento osseo per poi
    procedere ad un confronto con i profili dei dispersi cercando una
    corrispondenza che consenta l’individuazione della vittima.

    Hershkovitz ha lavorato come consulente al Centro
    Nazionale di Medicina Forensica e con le Nazioni Unite per riconoscere i
    crimini delle guerre nella ex Jugoslavia. Parlando del massacro del 7 ottobre e
    dei  resti umani trovati nei giorni
    seguenti il professor Hershkovitz ha spiegato a Ynet che «È un caso unico.
    Penso che sia la prima volta che incontriamo una quantità così elevata di
    individui che sono difficili da riconoscere utilizzando l’identificazione
    genetica standard e dobbiamo praticamente ricorrere all’identificazione
    antropologica».

    Gli antropologi ricorrono ad operazioni complicate e
    lunghe per accertare le vittime. In un caso il professore e la sua squadra sono
    riusciti ad risalire all’identità un individuo di cui era sopravvissuto solo un
    frammento osseo di 1 pollice (2,54 cm circa). «A volte l’identificazione
    genetica ci consente di conoscere il sesso dell’individuo e può indicare che è
    una femmina. Il profilo antropologico indica che è una persona giovane, e le
    circostanze ci dicono che ci sono diversi corpi trovati in una stanza. A quel
    punto identifichiamo l’individuo».

    Il professore e la sua squadra sono consapevoli
    dell’importanza del loro lavoro, soprattutto per i familiari dei dispersi e
    delle vittime: «È un processo difficile e lungo ma la sensazione e il
    comprendere quanto sia importante per le famiglia ci motiva molto in questo
    caso».

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