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    Spade di ferro – Giorno 8

    In attesa dell’operazione di terra

    Israele e tutto il popolo ebraico attendono con il fiato sospeso. Tutto è pronto. La campagna potrebbe iniziare stanotte. Ma per stare ai fatti, bisogna dire che alla fine del sabato, otto giorni dopo le stragi, non è ancora cominciata la grande operazione militare di terra necessaria per eliminare i terroristi (ricordiamocelo, non solo Hamas, ma anche gli altri che hanno partecipato all’eccidio: la “Jihad islamica” che è un’invenzione iraniana e le “Brigate di Al Aqsa”, che sono il braccio militare del partito Fatah, il cui presidente è il dittatore dell’Autorità Palestinese, Mohamed Abbas detto Abu Mazen). Molti si chiedono la ragione di questo indugio.

     

    Le ragioni per attendere

    Senza poter naturalmente sapere quali sono i calcoli del Gabinetto di Guerra e dello Stato Maggiore, possiamo supporre che ci sono tre ragioni: una diplomatica, una militare, una umanitaria. Sul piano diplomatico vi sono intense pressioni su Israele perché “mostri moderazione”, “eviti l’escalation” e così via. Più passa il tempo e persiste l’atteggiamento bellicoso dei terroristi e dei loro alleati (Hezbollah e Iran innanzitutto) e continuano i lanci di missili sul territorio israeliano, più chiara dovrebbe risultare a tutte le persone responsabili la necessità di un’operazione di terra per distruggere le operazioni terroriste. Sul piano militare Israele sa che Hamas ha previsto lo scontro terrestre e ha predisposto trappole, agguati, trabocchetti, bombe per uccidere i soldati. I bombardamenti prolungati servono anche per disattivare nei limiti del possibile questi strumenti di morte, per disarticolare le comunicazioni del nemico, per eliminare centri di comando e quadri militari, per esaurire materiali e risorse a sua disposizione, per permettere alle forze speciali, che hanno già cominciato a farlo di esplorare a fondo il territorio. Più in generale, di fare pressione sui terroristi e non riceverne, di scegliere tempi e modi dell’intervento e non farseli imporre.

     

    La questione umanitaria

    La terza ragione è che Israele aspetta che i civili che vivono nella zona che sarà investita dai combattimenti si allontanino. Questo è necessario perché le truppe dei terroristi non si trovano in trincee, fortificazioni, linee di difesa separate dalle case di abitazione, dalla scuole, dalle moschee e dagli ospedali, ma sono annidati in esse e spesso operano da gallerie scavate sotto i luoghi dove si radunano le folle che cercano protezione. Qualche anno fa perfino l’UNRWA, l’agenzia dell’Onu che si occupa esclusivamente di aiutare i palestinesi e funge quasi da loro ministero, protestò vivacemente quando fu messa di fronte al fatto che le sue scuole venivano usate come depositi di munizioni e nidi di cecchini. Si sa che il centro di comando principale di Hamas ha sede in gallerie sotterranee poste sotto il più grande ospedale di Gaza. Combattere i terroristi richiede di abbattere queste trappole. Israele ha rinunciato all’effetto sorpresa pur di avvertire i civili della zona dove si propone di operare che devono andarsene per non essere colpiti. Hamas, naturalmente, cerca di trattenerli come loro scudi umani, il che è un crimine di guerra. Lo sfollamento è lento e timoroso, ma Israele pazienta perché al contrario dei terroristi cerca in tutti i modi di non colpire i civili.

     

    L’assedio

    La decisione israeliana di bloccare i rifornimenti elettrici, di carburante e di beni di consumo fra cui il cibo non contraddice questa scelta di evitare nei limiti del possibili di colpire i civili. Gli assedi hanno sempre fatto parte delle guerre, sono codificati dal diritto internazionale. Il loro senso è che in guerra le risorse che entrano in una località assediata sono usate innanzitutto per alimentare i combattimenti. Nessuno ha mai chiesto alla Gran Bretagna o agli Usa di rifornire Italia e Germania durante la seconda guerra mondiale. In una situazione di guerra tecnologica, elettricità che permette i collegamenti, carburante che alimenta i mezzi di trasporto, i collegamenti internet, ma anche l’acqua e il cibo sono strumenti di guerra come le armi. Bloccarle è essenziale. Chi come in questo momento l’Egitto e la Giordania preme per far entrare rifornimenti a Gaza, lavora per la continuazione della guerra.

     

    Le azioni militari

    Nella giornata del sabato i combattimenti sono continuati come nei giorni precedenti. I terroristi hanno sparato i loro razzi, fra cui alcuni che sono arrivati al Nord fino a Haifa, quasi tutti fermati da Iron Dome. L’aviazione israeliana ha continuato a martellare le istallazioni terroriste e a colpire i quadri di Hamas, fra cui Ali Qadi, il comandante degli invasori di Israele di sabato scorso e dunque il primo responsabile delle atrocità.  Vi sono stati degli scambi di colpi isolati al confine del Libano con Hezbollah e alcuni terroristi sono stati eliminati mentre tentavano di compiere attentati in Giudea e Samaria. La novità più significativa, come già accennato, è che alcune squadre speciali di incursori dell’esercito israeliano sono già entrati nella Striscia, recuperando alcune salme di israeliani rapiti ed uccisi e i loro oggetti e distruggendo le difese avanzate che hanno individuato.

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