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SPECIALE PESACH 5784

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    Questa parashà tratta l’argomento delle procedure relative alla persona affetta da tzara’at dopo la sua guarigione da questa malattia cutanea. Tratta anche della tzara’at che poteva svilupparsi nelle case in Eretz Israel. Su questo nella Torà è scritto: “Quando sarete entrati nella terra di Canaan che vi do in possesso, se manderò una macchia di tzara’at in una casa del paese in vostro possesso, il padrone della casa si recherà dal kohen e gli riferirà parlando così: Una cosa che assomiglia a una macchia mi è apparsa nella casa” (Vaykrà, 14:34-35).
    Rashì (Troyes, 1040-1105) spiega che solo il kohen può dichiarare che l’apparente macchia è tzara’at. Anche se chi va a chiamare il kohen è un sapiente, che sa che la macchia è certamente tzara’at, non deve dire che ha visto una macchia, ma solo che ha visto una cosa che assomiglia a una macchia.
    Questo versetto venne usato dai maestri della scuola etica di Mussar per esporre i loro insegnamenti. R. Yechiel Ya’akov Weinberg (Polonia, 1884-1966, Montreux) cita il versetto in Lifrakìm (p. 64) in uno scritto in memoria di R. Natan Tzvi Finkel (Lituania, 1849-1927, Gerusalemme) fondatore della Yeshiva di Slobodka nella provincia di Kaunas, del quale fu uno dei discepoli.
    R. Weinberg scrive che con le parole “Una cosa che assomiglia a una macchia” la Torà ci avverte di prestare attenzione ai primi segni della piaga della tzara’at. Nello stesso modo i maestri nel trattato di Pesachìm (48b) avvertono di stare attenti ai primi segni di fermentazione della pasta per le matzòt che si manifesta con delle crepe sulla superficie: “Si ritiene che si siano verificate crepe quando compaiono crepe come le antenne delle locuste”.
    Questi e altri esempi fornirono lo spunto ai maestri della scuola di Mussar a rivelare gli insegnamenti della Torà sulla natura umana. R. Weinberg afferma che r. Israel Salanter (Lituania, 1809-1883, Koenisberg), il fondatore della scuola, non introdusse nessuna innovazione. Voleva solo fare vedere che tutto il suo insegnamento era già compreso nella Torà. In un altro articolo (ibid., p. 250), r. Weinberg sottolinea che r. Salanter anticipò di almeno settanta anni lo studio del subcosciente da parte di Freud e dei suoi discepoli. La grande differenza tra la scuola freudiana e quella di r. Salanter è che la prima ignora del tutto la componente divina nell’essere umano. R. Salanter insegnava ai suo discepoli a riconoscere in sè stessi i primi segni della corruzione morale, proprio come si dovevano notare i primi segni di una macchia sul muro o della fermentazione della pasta.
    L’anima umana è composta da diversi strati e l’occhio umano, anche quello con la visione più acuta, vede solo lo strato superiore dell’anima. E così crede di conoscere se stesso. Questo è un grosso errore. Al di sotto di questo primo strato giace un mondo nascosto sul quale l’essere umano non ha controllo. R. Salanter denominò quello che avviene nello strato superiore “Regashòt muarìm” (emozioni visibili). Emozioni infinite formate nel corso degli anni di educazione. Emozioni controllabili. Nei momenti di crisi, di pericolo e di paura, risalgono in modo tempestoso alla superficie le forze buie e cancellano tutto quello che l’essere umano ha acquistato in anni di educazione. Si rivela l’animale nell’uomo. La scuola del Mussar veniva a insegnare a disciplinare in modo graduale e sistematico le emozioni nascoste nell’anima umana.

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