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    Pubblicato il rapporto
    Dopo quasi cinque mesi dai fatti e parecchio tempo dopo che erano state pubblicate due grandi inchieste molto documentate sul tema, quella del New York Times di fine dicembre e quella dell’ARCCI (Associazione dei centri di crisi sullo stupro in Israele) del 20 febbraio, finalmente anche l’Onu ha pubblicato un rapporto sulle violenze sessuali compiute dai terroristi di Hamas sulle donne israeliane durante il pogrom del 7 ottobre e in seguito sulle donne rapite. L’indagine, condotta con una metodologia particolarmente restrittiva, come se non si trattasse di analizzare un terribile episodio collettivo, ma di trovare le prove legali di singoli crimini, ha perciò lasciato impregiudicati una serie di episodi gravissimi, la cui conoscenza è basata non su prove materiali ma sulla testimonianza dei sopravvissuti; ma alla fine non ha potuto non riconoscere la fondatezza delle denunce.

    Le conclusioni
    Il rapporto dell’Onu usa anche formule giuridiche particolarmente caute e del tutto prive di empatia per le vittime: “Sono state raccolte anche informazioni circostanziali credibili, che potrebbero essere indicative di alcune forme di violenza sessuale, tra cui la mutilazione genitale, la tortura sessualizzata o trattamenti crudeli, inumani e degradanti”. Si afferma inoltre che il gruppo di ricerca “ha trovato informazioni chiare e convincenti secondo cui alcuni ostaggi portati a Gaza sono stati sottoposti a varie forme di violenza sessuale legata al conflitto e ha fondati motivi per ritenere che tale violenza possa essere in corso”.

    Il rapporto dell’ARCCI
    Per rispetto alle vittime e alla verità, vale la pena di accostare a queste le conclusioni del rapporto dell’ARCCI: “Diverse testimonianze, interviste e altre fonti indicano l’uso di pratiche sadiche da parte dei terroristi di Hamas, volte a intensificare l’umiliazione e la paura degli abusi sessuali. […] I corpi di molte vittime sono stati trovati mutilati e legati, con gli organi sessuali brutalmente attaccati [dove] in alcuni casi, sono state inserite delle armi”. Il rapporto afferma che in molti casi le famiglie sono state costrette a guardare i terroristi compiere atti di violenza sessuale sui loro familiari. In molti casi, le vittime sono state uccise in seguito allo stupro, ma alcune sono state uccise durante l’atto stesso. Il rapporto descrive in dettaglio con angosciante chiarezza come i defunti furono ulteriormente profanati, con i genitali sia maschili che femminili sfigurati in modo grottesco. Le donne venivano legate agli alberi, trascinate per i capelli e venivano amputati gli organi, compresi quelli sessuali. Il rapporto descrive dettagliatamente anche lo stupro di uomini.

    La reazione israeliana
    In risposta al rapporto, l’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite Gilad Erdan ha criticato l’organismo internazionale per aver impiegato così tanto tempo a riconoscere ciò che è accaduto alla periferia di Gaza e soprattutto per non trarne le conseguenze: “Ora che [dopo 5 mesi] viene pubblicato il rapporto sulle atrocità sessuali e sugli abusi che i nostri ostaggi stanno subendo a Gaza, la vergogna del silenzio delle Nazioni Unite – che non tiene nemmeno una seduta sulla questione – grida al cielo”. Il ministro degli Esteri Israel Katz ha richiamato Erdan in Israele “per consultazioni”, un provvedimento che nella diplomazia internazionale equivale quasi alla rottura delle relazioni. Katz ha criticato il segretario dell’ONU Antonio Guterres per non aver convocato una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite “dichiarando Hamas un gruppo terroristico e imponendo sanzioni ai suoi sostenitori”. Ha detto che Israele non ha ancora sentito “una sola parola” dal capo delle Nazioni Unite sul rapporto.

    Hamas cerca di negare l’evidenza
    Dopo la pubblicazione del rapporto, il gruppo terrorista ha rifiutato di riconoscerlo, nonostante la sua estrema cautela: “Questo rapporto è arrivato dopo i falliti tentativi israeliani di provare quelle false accuse, volte solo a demonizzare la resistenza palestinese”, ha dichiarato un portavoce di Hamas. Niente di nuovo in questa negazione: dal 7 ottobre in poi i militanti di estrema sinistra e le femministe organizzate, che in altri contesti hanno sempre sostenuto che le accuse di violenza sessuale non dovrebbero mai essere messe in dubbio, hanno cercato di screditare le testimonianze delle vittime di stupro, tentando di seppellirle sotto dubbi e controaccuse di razzismo e islamofobia.

    L’atteggiamento dell’Onu
    In effetti, l’atteggiamento dell’Onu non è cambiato alla luce del suo stesso rapporto. Le richieste di Israele per la convocazione urgente del Consiglio di Sicurezza sul tema non sono state accolte. La “special rapporteur” delle Nazioni Uniti sulla violenza sessuale Reem Alsalem non ha firmato il rapporto, e in cambio ha sottoscritto in questi giorni con sei altri alti funzionari dell’Onu un appello per la condanna di Israele dopo il sanguinoso assalto di folla ai camion degli aiuti, in cui non si parla dei rapiti né della violenza alle donne, ma in cambio un si chiede “cessate il fuoco permanente” e “un embargo sulle armi e sanzioni contro Israele, come parte del dovere di tutti gli Stati di garantire il rispetto dei diritti umani e fermare le violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di Israele”. È la posizione di Hamas. D’altro canto anche il rapporto si conclude con la richiesta di un “cessate il fuoco umanitario”.

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