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    Durante gli scavi nei sotterranei di due edifici a Varsavia, situati per la precisione al 39 e al 41 di via Muranowska – vicino a Mila 18, dove si trovava il famoso bunker di Mordechai Anielewicz nel ghetto di Varsavia – sono stati scoperti più di 5.000 oggetti appartenenti ai residenti ebrei prima della guerra. Questi manufatti sono stati analizzati e poi trasferiti al Museo del Ghetto di Varsavia.
    Secondo i ricercatori, a causa della loro vicinanza al bunker di Anielewicz, alcuni degli oggetti sarebbero stati usati proprio nel periodo della reclusione nel ghetto. Inoltre, questo sito di scavo ha conservato in modo unico la memoria della città prebellica. Nella Varsavia contemporanea, ricostruita dopo la Seconda guerra mondiale, questo sito permette di avvicinarsi ad una città che non esiste più e vedere che gran parte di essa giace ancora sotto i piedi dei suoi abitanti.
    “La ricerca archeologica inizialmente doveva durare quattro settimane. Ma ad un certo punto, siamo caduti tutti in un vortice magico. Non siamo riusciti a finire gli scavi perché man mano venivano scoperte sempre più stanze”, ha detto il ministro della Cultura e del Patrimonio Nazionale polacco Hanna Wróblewska.
    L’8 maggio, la Facoltà di Architettura dell’Università di Tecnologia di Varsavia ha tenuto un evento in cui si è discussa la gestione dello spazio pubblico, affrontando le possibilità e le sfide di preservare e commemorare in modo appropriato i sotterranei di Mila 18, scoperti durante precedenti lavori archeologici. Il Museo del Ghetto di Varsavia starebbe infatti prendendo provvedimenti per preservare e trasformare in un sito commemorativo gli spazi e gli oggetti rinvenuti dagli archeologi, una testimonianza materiale della storia e del patrimonio degli ebrei di Varsavia. La decisione di non riseppellire il sito di scavo è anche legata alla speranza che lo spazio possa servire come memoriale duraturo, un ricordo permanente della storia scomparsa della città.
    Albert Stankowski, direttore del Museo del Ghetto di Varsavia, ha sottolineato la necessità di preservare Mila 18 per le generazioni future: “Quello che mi ha colpito maggiormente è stato l’incontro con un gruppo di adolescenti israeliani. Una ragazza ha chiesto se poteva prendere una pietra dal sito di scavo. Solo allora mi sono reso conto di quanto sia importante per i giovani che vengono in Polonia, e cercano tracce materiali della storia, poter toccare e vedere questo sito. Questa consapevolezza ha in parte portato allo sforzo del Museo del Ghetto di Varsavia di preservare Mila 18”.

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