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    Alla conferenza della European Jewish Association (EJA), che quest’anno si è tenuta nei a Budapest, è stato presentato un indice unico nel suo genere, che si basa su uno studio sulla qualità della vita per gli ebrei nei 12 paesi dell’Unione Europea con comunità ebraiche considerevoli. Italia, Ungheria e Danimarca risultano essere tra i migliori paesi in Europa.

     

    Intitolato “Europa ed ebrei, un indice nazionale di rispetto e tolleranza verso gli ebrei”, la ricerca dà a ciascuna nazione un punteggio da 0 a 100. Belgio, Polonia e Francia i punteggi più bassi rispettivamente con 60, 66 e 68 punti su 100. I tre paesi in testa hanno 79, 76 e 75 punti, seguiti da Gran Bretagna e Austria (75), Paesi Bassi, Svezia, Germania e Spagna (74, 73, 72, 70).  Tutti e 12 i paesi oggetto dello studio hanno ottenuto un punteggio superiore a 60, infatti non c’è un solo paese nella “zona rossa”, che indica un pericolo tangibile per la vita della comunità ebraica nel breve termine.

     

    Il governo belga per esempio, che occupa l’ultimo posto nello studio, ha ridotto notevolmente la sicurezza intorno alle comunità ebraiche senza nemmeno consultarle, ha vietato la macellazione kosher, sta mettendo in discussione la circoncisione e non ha ancora nominato un coordinatore per la lotta all’antisemitismo. Mentre la Germania, che ha ottenuto un punteggio elevato per quanto riguarda le politiche del governo relative agli ebrei, tuttavia per quanto riguarda il senso di sicurezza, il punteggio complessivo risulta essere mediocre. Lo stesso vale per la Francia che nonostante abbia adottato le misure necessarie per garantire la continuità dell’esistenza delle comunità ebraiche, tutta il senso di sicurezza è tra i più bassi. 

     

    Lo studio, che è stato condotto negli ultimi due anni dall’EJA in collaborazione con il British Institute of Jewish Policy Research, è stato realizzato sotto la direzione scientifica di Daniel Staetsky.

     

    Per elaborare la classifica, Staetsky ha assegnato a ciascun paese intervistato voti su più argomenti, tra cui il senso di sicurezza, l’atteggiamento pubblico nei confronti degli ebrei e il numero di ebrei che hanno affermato di aver sperimentato l’antisemitismo. I voti si basavano sui principali sondaggi di opinione degli ultimi anni, compresi quelli condotti dall’Action and Protection League, un gruppo che monitora i crimini d’odio contro gli ebrei in diversi paesi europei, e dall’Agenzia per i diritti fondamentali dell’Unione europea. Lo ricerca ha combinato questi punteggi con quelli che l’autore ha assegnato alle politiche adottate dai governi dei 12 paesi, inclusi i finanziamenti alle comunità ebraiche, l’adozione di una definizione di antisemitismo, la promozione della cultura ebraica e persino il modo in cui lo stato vota su Israele alle Nazioni Unite.

     

    “L’obiettivo di questo rapporto è prendere gli eccellenti dati che già abbiamo su come si sentono gli ebrei, su quanto sia diffuso l’antisemitismo e combinarli con le misure adottate dai governi”, ha detto Staetsky durante la conferenza della European Jewish Association.

     

    L’indice è principalmente uno strumento “per chiedere un’azione concreta ai leader europei”, ha affermato il rabbino Menachem Margolin, capo della European Jewish Association. “Accogliamo con favore le dichiarazioni contro l’antisemitismo dei leader europei. Ma devono fare di più”. L’EJA formulerà raccomandazioni individuali a ciascun paese intervistato, ha aggiunto Margolin durante la conferenza stampa. 

     

    “Lo scopo dello studio non è scontrarsi con questo o quel governo, ma creare un’infrastruttura scientifica comparata sulla qualità della vita ebraica nei vari paesi e consentire ai leader della comunità e ai capi di governo di superare insieme le sfide” ha sottolineato Margolin.

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