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    ROMA EBRAICA

    Il Giorno della Memoria dopo il pogrom del 7 ottobre

    Un incontro alla Casa della Memoria e della Storia di Roma per provare a capire quello che sta accadendo in Europa e in Israele

    “Le radici del nuovo antisemitismo” è il titolo della conferenza svolta presso la Casa della Memoria e della Storia a Roma, ideata dal presidente della Federazione Italiana Associazioni Partigiane Luca Aniasi, dalla vicepresidente Bianca Cimiotta Lami e dal docente di psicologia David Meghnagi che hanno voluto riflettere sul fatto che non è possibile far diventare il Giorno della Memoria un momento nel quale si celebra l’ebreo morto 80 anni fa senza fare cenno all’ebreo vivo.
    Durante l’incontro, il giornalista Goffredo Buccini, sottolineando come Israele sia l’unica democrazia dell’area, ha posto domande a David Meghnagi, che ha focalizzato il suo intervento sulle dinamiche della mente di fronte a traumi e a pregiudizi, e alla docente di storia contemporanea Alessandra Tarquini che ha parlato del rapporto tra la sinistra e gli ebrei sul quale ha scritto un interessante libro. Aniasi in modo chiaro, preciso e onesto, ha messo in evidenza tutti i punti fondamentali per provare a comprendere la situazione che stiamo vivendo: “Il 7 ottobre ha cambiato il senso della storia perché è stato il giorno più terribile per gli ebrei dal tempo della Shoah: 1200 persone, donne, uomini, ragazze e ragazzi, anziani, bambini, neonati massacrati, bruciati, mutilati, vilipesi in ogni modo, in quanto ebrei, non per una rivendicazione per un territorio o una nazione! E poi stupri, mutilazioni di genitali e sfregi a donne in quanto ebree. Ragazze e donne oggetto di pianificata e sistematica violenza e di successiva ostentazione, dai video girati e pubblicati sui social all’esposizione e vilipendio per le strade di Gaza con la folla (non solo i miliziani) plaudente. E poi ci sono le rapite ed i rapiti di quel giorno, molti dei quali uccisi o sottoposti, raccontano i testimoni, alle violenze ed ai soprusi più orribili.
    Ero convinto che tutti, anche quelli che di solito appoggiano senza riflettere tutte le azioni palestinesi, che trovano sempre da ridire sulla politica di Israele (indipendentemente dai governi che di volta in volta si sono succeduti, che ci sia Rabin o ci sia Netanyahu), genericamente antioccidentali, avrebbero detto che no, non si poteva davvero fare passare una cosa del genere. Mi aspettavo un grande movimento di simpatia, empatia, solidarietà con gli ebrei colpiti. È successo esattamente il contrario! Il pogrom del 7 ottobre ha visto invece crescere “uno tsunami di antisemitismo” come ha detto Edith Bruck. Abbiamo visto e sentito persone giustificare quell’orrore come un atto di resistenza; abbiamo visto e sentito gridare “from the river to the sea” che vuol dire, senza la rima e in italiano, la deportazione di 9 milioni e mezzo di cittadini di Israele, ebrei e non. Abbiamo visto e sentito attacchi e aggressioni a cittadini americani, canadesi, australiani, francesi, belgi, tedeschi, colpevoli solo di essere ebrei.
    C’entra qualcosa la reazione di Israele e le vittime civili a Gaza? A parte che questi fatti hanno cominciato ad accadere prima dell’inizio delle ostilità a Gaza ma poi, fermiamoci un attimo e guardiamo cosa sta succedendo nel mondo. Mentre si combatte e si muore a Gaza, in Sudan i miliziani delle Forze di Supporto Rapido del generale Hemediti e i loro alleati stanno ammazzando migliaia di persone perché sono nere, di etnia africana e non araba come la maggioranza del Paese. Ricordiamo che in Darfur sono morti, per la stessa mano, 300.000 persone all’inizio degli anni 2000. Nessuno manifesta per loro. E bisognerà prima o poi parlare delle istituzioni internazionali e dell’ONU (il Consiglio di Sicurezza è stato convocato 21 volte per mettere pressione su Israele, non si è mai riunito per discutere, per esempio, l’espulsione dal Pakistan di oltre un milione di afgani o per i più di 50.000 cristiani macellati in Nigeria negli ultimi anni) e dell’UNRWA, l’agenzia dell’ONU, unica ad hoc per la Palestina, che ha visto propri membri partecipare al pogrom del 7 ottobre.
    Abbiamo visto e sentito tutto questo, ma quello che ci preoccupa di più è ciò che non abbiamo visto né sentito. Un esempio, fra i tanti che si potrebbero fare: a Roma la manifestazione di solidarietà al popolo di Israele colpito il 7 ottobre è stata organizzata dalla Comunità ebraica. Perché nessun altro ci aveva pensato in un Paese che manifesta quotidianamente per qualcosa.
    Per non parlare degli stupri del 7 ottobre, dimenticati pochi giorni dopo, il 25 novembre, nelle manifestazioni per la giornata contro la violenza sulle donne. Lo stupro non è Resistenza, né lotta per la libertà. Mai. Il pregiudizio antiebraico che vediamo e respiriamo nel mondo deve essere riconosciuto, affrontato e gli va posta una fine. Perché ‘mai più’ significa ‘mai più’. Chiunque abbia a cuore il valore della civiltà e della vita deve reagire, oggi”.

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