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    La rottura della tregua

    Sono ripartiti i combattimenti a Gaza. La scelta non
    è stata di Israele, che aveva deciso una decina di giorni fa di cercare di
    recuperare il maggior numero di rapiti anche a costo di stare all’infame
    mercato di Hamas (dieci rapiti per un giorno di tregua più trenta terroristi
    incarcerati in Israele), ma dei terroristi. Alle 5:48 di questa mattina le
    sirene che segnalano il pericolo per i luoghi bersaglio di lanci missilistici
    hanno suonato nelle comunità israeliane vicino al confine di Gaza. Pochi minuti
    dopo, l’esercito israeliano ha annunciato di aver intercettato con successo un
    lancio proveniente da Gaza. Un’ora dopo, alle 6:53, le sirene hanno suonato nel
    Kibbutz di Holit, situato vicino al confine di Gaza. Meno di mezz’ora dopo,
    alle 7:05, il comando israeliano ha annunciato: “Hamas ha violato la pausa
    operativa sparando verso il territorio israeliano. L’esercito ha ripreso il
    combattimento contro l’organizzazione terroristica Hamas nella Striscia di
    Gaza”. In un successivo chiarimento, lo stato maggiore ha dichiarato che
    “in seguito al rapporto iniziale riguardante le sirene suonate nel Kibbutz
    Holit, sono stati identificati numerosi lanci dalla Striscia di Gaza verso il
    territorio israeliano. I lanci non sono stati intercettati secondo il protocollo
    [il che significa che il sistema di protezione aveva capito che i proiettili
    non erano stati diretti accuratamente e non rischiavano di colpire zone
    abitate]. Aerei da combattimento israeliani stanno attualmente colpendo
    obiettivi terroristici di Hamas nella Striscia di Gaza”.

     

    La quarta fase

    Inizia così la quarta fase della guerra. Dopo la
    strage del 7 ottobre e la reazione immediata per respingere i terroristi oltre
    la frontiera e neutralizzare quelli che erano rimasti in territorio israeliano
    (prima fase, durata circa tre giorni), vi fu un lungo periodo (più di due
    settimane) in cui l’aviazione, la marina e l’artiglieria hanno bombardato le
    roccaforti di Hamas a Gaza e hanno neutralizzato truppe e capi terroristi
    (seconda fase). Poi, gradualmente, è iniziata l’operazione di terra, che in
    altre due settimane circa ha portato alla conquista della parte settentrionale
    della Striscia e di porzioni della città di Gaza (terza fase). Poi è giunta la
    tregua, prolungata un paio di volte fino alla durata di una settimana con la
    liberazione di una settantina dei 240 rapiti. Ora la guerra ricomincia, e
    Israele si è dato l’obiettivo della completa liquidazione dei movimenti
    terroristi, compresa l’eliminazione dei suoi capi principali e dunque la
    completa occupazione di Gaza e del suo sottosuolo fortificato, oltre che della
    liberazione degli ostaggi. Sarà una fase difficile, perché gli Stati Uniti
    hanno posto il veto a ulteriori spostamenti della popolazione di Gaza, che
    Israele aveva imposto per evitare perdite civili e avere libertà operativa. È
    probabile a questo punto che avvenga quel combattimento urbano e sotterraneo
    ravvicinato che l’esercito israeliano temeva per il suo costo di sangue sia fra
    le truppe che nella popolazione civile.

     

    Perché la rottura della tregua

    Bisogna chiedersi perché Hamas abbia deciso la
    rottura della tregua, che sembrava essere un obiettivo strategico per
    l’organizzazione terroristica, utile per ristabilire il dominio su Gaza e
    salvare le forze e le armi. È chiaro che si vuole rivitalizzare la campagna
    politica mondiale per dichiarare Israele responsabile della crisi umanitaria di
    Gaza e danneggiare la sua rete di rapporti internazionali, magari coinvolgendo
    gli Stati Uniti. Vedremo nei prossimi giorni se ci saranno anche delle trappole
    militari preparate in questi giorni per mettere a rischio i militari
    israeliani.

     

    La liberazione degli ostaggi

    Ieri vi era stato l’ultimo scambio dei rapiti. In un
    primo momento Hamas aveva consegnato Mia Schem (21 anni; una delle donne di cui
    una ventina di giorni fa, aveva trasmesso un messaggio video che chiedeva la
    tregua, il primo atto di guerra psicologica sulla pelle dei rapiti) e Amit
    Soussana, quarantenne del Kibbutz Kfar Aza. In seguito sono state liberate Nili
    Margalit (41 anni, infermiera dell’ospedale Soroka); Shani Goren (29 anni);
    Ilana Gritzewsky (30 anni, di origini messicane, rapita dal Kibbutz Nir Otz
    insieme al suo partner Matan Zangauker che è ancora nelle mani dei terroristi);
    Sapir Cohen (29 anni, anche lei rapita insieme al suo compagno Alexander
    (Sasha) Trupanob ancora detenuto da Hamas e con la madre e la nonna, che sono
    state liberate l’altro ieri); Aisha  (17
    anni) and Bilal Alziadana (18).      

     

    L’attentato di Gerusalemme

    Ieri vi sono stati due attentati rivendicati da
    Hamas: un investimento automobilistico nella valle del Giordano e soprattutto
    un attacco con armi da fuoco contro le persone che attendevano alla fermata
    dell’autobus all’ingresso di Gerusalemme in direzione di Tel Aviv. Due
    attentatori sono scesi da un automobile impugnando un fucile M-16 e una pistola
    e hanno aperto il fuoco, prima di essere uccisi dall’intervento immediato di
    due soldati israeliani, che erano presenti sul posto, e di un civile. I
    terroristi sono stati identificati come Murad ed Ebrahim Nemer, provenienti
    dalla parte orientale di Gerusalemme, affiliati ad Hamas. Murad è stato in
    carcere in Israele dal 2010 al 2020 per aver pianificato operazioni
    terroristiche a Gaza, mentre Ebrahim è stato imprigionato nel 2014 a causa di
    attività terroristiche. Nel veicolo dei due attentatori è stata trovata una
    grande quantità di munizioni. Sono stati constatati subito tre uccisi e sei
    feriti. Una delle tre vittime è un importante studioso e giudice rabbinico:
    Elimelech Wasserman. Le altre vittime sono due donne: Hana Ifergan, 67 anni, e
    Livia Dickman, 24 anni. L’ospedale Shaarei Tsedek si sta occupando dei sei
    feriti, uno dei quali purtroppo nella notte è deceduto.

    ISRAELE

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    Una grande Mizvah (precetto) è essere felici sempre

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